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La rivoluzione Culturale

Di: Franz Andreani | 10/07/2008

  

È amaro dover parlare di una manifestazione popolare, quella svoltasi a Roma a piazza Navona l'8 luglio, per il clamore mediatico e per il favore fatto ai leader della maggioranza, più che per la partecipazione popolare che l'ha caratterizzata. Una manifestazione nella quale la notizia non sia la partecipazione di massa ma gli insulti provenienti dal palco, è il coltello che da mesi si rigira nella piaga che costituisce il male del nostro paese, è la rappresentazione di una sinistra senza idee, che è convinta di essere vicino alla gente solo perché parla il suo linguaggio. Il capo dello Stato trattato come uno che, attraverso i superpoteri, è in grado, ma non vuole farlo, di bloccare le leggi canaglia, come superman blocca le forze del male, un ministro che, per il fatto di essere donna, viene insultato con i più scontati sotterfugi sessuali senza che le vengano attribuiti i demeriti di un'azione do governo svolta nell'interesse della classe politica e contro i cittadini.

La manifestazione è stata un grande assist all'attuale maggioranza che si nutre degli errori dell'opposizione, della sua miopia e della sua divisione interna.

Anche sul nostro sito ieri è avvenuto lo specchio di ciò che accade nel paese, sembra proprio che l'unica arma che abbiamo a nostra disposizione sia l'insulto. Ieri mattina troviamo nel GB lo sfogo di un ascoltatore che con toni ai quali ci ha abituato Bossi da un po' di tempo, chiede il piombo per l'attuale classe di governo, la redazione decide di togliere il messaggio e giù polemiche sulla censura da noi applicata. Ad onor del vero il nostro ascoltatore, con molta coerenza, porge generalità e scuse, spiegando di come si sia trattato di uno sfogo. Ma l'amarezza, sentimento che muove queste mie considerazioni, in me resta.

La battaglia politica, la lotta, non può partire da slogan, adesso, nell'era della comunicazione globale non possiamo permettrerci il lusso di credere che basta stare dietro una tastiera a far risuonare le nostre parole per cambiare la storia di questo paese, o che si possa assumere ad argomento l'impiccagione per l'uno ed il piombo per l'altro come reale piattaforma antagonista.

Noi a Radiorock.to The Original, ed intendo tutti, ascoltatori e redattori, abbiamo una possibilità. Facciamo cultura, la cultura rock, magari sarà considerata sottocultura marginale dai media, ma noi la sappiamo fare, siamo dei sultani del rock. Attraverso la nostra proposta, il nostro impegno fatto di sostegno a chi suona, di partecipazione ai festival di collaborazione con i promoter dei concerti, fatto con il nostro sito, noi possiamo incidere più che cavalcando quel politico o quell'altro comico.

Dobbiamo infine fare attenzione ad un fatto: il governo e le scelte che opera, si basano su un consenso popolare costruito in anni di paziente lavoro, di scrupoloso impoverimento culturale e di capacità critica, di sistematico svuotamento di valori che non è vero, come si crede, che non siano stati rimpiazzati. Non possiamo illuderci di aver fretta, lo smantellamento di questo stato di cose, compreso questo consenso popolare, necessita di lungo tempo e di un'azione costante e paziente, altrettanto studiata. A noi spetta il compito di preparare il terreno per le generazioni che verranno, non possiamo star fermi e delegare alla tastiera o alla TV, scendiamo in piazza, organizziamo, partecipiamo, usciamo dalle nostre case, portiamo il nostro nei nostri posti di lavoro, non cerchiamo la guida, l'uomo da seguire, perché è questa la trappola più grande che ci hanno potuto tendere, non ci rifugiamo nelle parole altrui: l'insulto non informa, lo slogan non fa cultura, il leader non comunica. La situazione è ben più drammatica di quanto non si creda, perché siamo noi stessi ad essere partiti con il piede sbagliato: noi vogliamo la rivoluzione, lottiamo per essa, la rivoluzione culturale.


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