Quanti film visti, quanti libri letti, quanti documentari e discorsi. Quanta indignazione, orrore e profondo dolore di fronte alle leggi razziali fasciste, ai lager. I protagonisti di quei truci anni sono quasi tutti morti. Chi allora, chi per cause naturali negli anni successivi. I pochi sopravvissuti, però, hanno la sventura di imbattersi ancora nel nuovo secolo in brutte avventure.
Lili Ascoli Magrini, 101 anni, ebrea. Nata a Graz, in Austria, figlia di un medico che cambiava spesso residenza per questioni di lavoro, Lili giunse a Ferrara dove conobbe l'avvocato Renzo Bonfiglioli, nota figura di benefattore cittadino, che divenne suo marito e che per le sue origini ebree fu internato per oltre un anno allo scoppio della seconda guerra mondiale nel campo di concentramento di Urbisaglia.
La madre venne arrestata dai nazifascisti a Cannobio, fu deportata ad Auschwitz e qui uccisa nel ‘44, mentre i figli della signora Lili, Dori e Geri, vennero allontanati da scuola a causa delle nuove leggi sulla razza. Tutti si salvarono grazie ad un avventuroso viaggio in Svizzera, ma al ritorno a Ferrara, dopo la guerra, la famiglia trovò la propria casa distrutta e saccheggiata.
La "commissione per le provvidenze ai perseguitati politici antifascisti o razziali" istituita nel 1955 e voluta da Umberto Terracini, per la prima volta prese in considerazione, fra i perseguitati del fascismo, anche gli ebrei vittime di violenza morale.
Nel ’96 un decreto ministeriale allargò ulteriormente la fascia di coloro potevano avere un vitalizio. Così ci rientrò anche la signora Lili. 430 euro al mese. Dieci anni dopo, all’età di 99 anni, alla signora qualcuno dice che, no, lei non aveva diritto a quella pensione.
Ecco, qui sta lo schifo dei nostri giorni. Dove non c’è certezza, dove ogni giorno qualcuno si può svegliare e toglierti l’acquisito. Ancora più odioso perché nei confronti dei nostri “vecchiâ€. Ed in più dei nostri perseguitati. Riusciamo ad immaginarci tutti cosa significhi sbattere contro la burocrazia, vero? Chiunque avrebbe detto che la storia sarebbe finiti lì. Ma la macchina non si poteva fermare e tenta l’affondo finale: Lili doveva restituire i 40.000 euro già percepiti. A questo ennesimo affronto la sua famiglia reagisce e chiede spiegazioni, denuncia, prova a ribellarsi ad uno stato minuscolo.
Oggi, con sentenza 122 pubblicata il 7 marzo 2008 , lo Stato finalmente risponde come deve. La Corte dei Conti le restituisce il vitalizio e dimostra come all’interno degli apparati statali lavorino anche alcune persone dotate ancora di buon senso. Lo sconcerto rimane, ma è mitigato dal lieto fine. Almeno fino a quando qualcun altro si sveglierà un mattino e…
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