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Ernest e Celestine

Di: Bookworm | 02/04/2013
Daniel Pennac, Feltrinelli 2013, € 13,00
Pennac è uno scrittore che scrive storie. Non scrive storie per bambini, non scrive storie per adulti, non scrive gialli, non scrive romanzi d’amore o di sociopolitica. Scrive storie; chi le vuole leggere, legga. Per questo a quarantacinque anni mi sono innamorata di ‘Abbaiare stanca’, e i miei figli a dodici anni si sono innamorati della ‘Fata carabina’, che a me, almeno all’inizio, aveva un poco spaventato. I lettori di Pennac non devono essere adulti con l’animo di un bambino, né bambini con i desideri e il cinismo di un adulto. Devono essere semplicemente lettori.
Quindi nessuno si sorprenderà se in metropolitana un maturo dirigente con la 24ore portaPc, o una idraulica in tuta con la borsa degli attrezzi staranno col naso infilato in un libro con sulla copertina un orso col cappotto e una topolina in salopette. E’ un libro di Pennac.
Questa è la storia di un orso e un topo, anzi ‘una topolina’, che diventano amici, contro ogni logica e ogni tradizione. E’ una dichiarazione dei diritti degli amici. E’ un libro pieno di avventure, pieno di personaggi, pieno di assurdità (quelle che derivano dall’applicare il consueto, il normale) e di libertà (che vengono dall’agire secondo logica e sentimento, e secondo la fame, visto che un orso è capace di mangiarsi tutto il contenuto del magazzino di un negozio di dolci), di cattivi, di buoni, e di così così. Per citare Celestine (ma anche Ernest): ‘Ci avete fatto caso che tutti dicono sempre ‘un topolino, una topolina’? Quando non hanno paura, ovviamente. Perché se invece hanno paura ci indicano urlando: ‘UN TOPO, UN TOPO!’ ... E’un’assurdità, perché per i topi vale quel che vale per tutti: ce n’è di piccoli, ce n’è di grandi, ce n’è di medi.’
E’ una storia che si lascia leggere a voce alta, anzi è scritta proprio per essere letta a voce alta, talmente tanto che se si sta da soli si ha l’impressione che qualcuno la stia leggendo a noi a voce alta, comunque. Fa piangere, a volte, e allora è difficile tener ferma la voce, se si sta leggendo a voce alta. Fa ridere, e quello si può fare sempre, qualsiasi cosa si stia facendo.
Celestine dipinge, ed essendo amica di Ernest, dipinge Ernest. ‘Stai un po’ fermo, Ernest, che altrimenti il quadro mi viene mosso. –Ma non mi sto muovendo, mi sto solo grattando. –Se ti gratti, ti muovi! –E allora il quadro chiamalo ‘Ernest mosso perché si sta grattando!’
Naturalmente, ci sono anche IL LETTORE, che interrompe sempre, e L’AUTORE, che tenta di difendere la sua storia. E dopo la fine, questo si, il romanzo ha un finale a sorpresa; sorpresa tanto più grande, e più godibile, per chi non è di cultura francese, e certe cose acquisite per un pubblico francese non le sa.
Io questa storia la ho letta due volte in contemporanea, nell’arco di un giorno e mezzo: per conto mio, in silenzio (più o meno), e ad alta voce, diciamo in differita, ad un orsetto febbricitante. E dopo altre ventiquattro ore ho ancora la testa piena di colori, del furgoncino rosso, del coniglio Lucien, del giudice castoro, della Grigia, della città sotterranea, del negozio di denti, e naturalmente del magazzino del Re dei Dolciumi! Sarà che la primavera è un po’ in ritardo, le notizie sono tetre e soprattutto surreali, il sangue nostro e del mondo scorre lento e pesante come l’inverno; una corrente pulita, semplice e saggia ci voleva proprio.

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