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Il libro segreto di Shakespeare

Di: Bookworm | 16/03/2013
di John Underwood, ovverosia Gene Ayres, 2011. Titolo originale, “The Shakespeare Chronicles”, a riprova che di questi tempi in Italia si vendono i ‘segreti’, tant’è che in una vetrina ho visto perfino un libro di cucina intitolato “le ricette segrete della cucina dell’amore”. L’operazione del signor Ayres, a parte i segreti che sono una iniziativa degli editori italiani, resta comunque dubbia fin dallo pseudonimo che si è scelto. John Underwood era uno degli attori della compagnia di Shakespeare, e per un autore che vuole dimostrare che il Bardo in realtà bardo non era, la scelta del nome è quantomeno di cattivo gusto. Di teorie sulla paternità dei drammi di Shakespeare ne esistono tantissime, perfino dalla sua stessa epoca: Il poeta e drammaturgo Robert Greene (1558-1592) scrisse “Greene’s Groat’s-Worth of Wit”, che era praticamente un libello contro Shakespeare, i suoi metodi pirateschi di gestire il business teatrale, e, nella sua interpretazione, anche di rubare i testi altrui. Partendo da questo attacco, in molti hanno studiato i documenti e testi dell’epoca, facendo ogni sorta di paralleli stilistici, filologici, semantici, e attribuendo le opere a questo o quell’altro autore, o perfino a un collettivo di autori. Una delle teorie più accreditate è quella che attribuisce i testi a Christopher Marlowe (1564-93), nato nello stesso anno di Shakesperare, e accoltellato in una misteriosa rissa mentre era sotto processo per i contenuti ‘eretici’ delle sue opere. E’ stato il drammaturgo di maggior successo della sua epoca, ed ha rivoluzionato il teatro inglese con l’uso del verso sciolto e la profondità psicologica dei suoi personaggi; fra le sue opere possiamo citare il Dottor Faust, L’Ebreo di malta, il Tamerlano e il Massacro di Parigi. L’ipotesi che sia lui l’autore dei drammi di Shakespeare perde di credibilità perché all’epoca in cui questi furono scritti, lui era già morto. Ma vari autori nel corso dei secoli, fra cui la voce autorevole di Mark Twain, hanno cercato di provare che la morte di Marlowe fosse una montatura e che lui fosse in effetti ancora vivo al tempo dei King’s Men, e lo scrittore americano Calvin Hoffmann nel 1955 ha avuto molto successo con il suo libro “The Man Who Was Shakespeare”, rinfocolando il dibattito, che si è protratto, anche per vie legali, fino a tempi molto recenti.
Ayres, quindi, ha utilizzato tutta farina dei sacchi altrui, presentando, in modo anche convincente per chi non sia a conoscenza dei due ultimi secoli di dibattiti fitti di prove e controprove sull’argomento, un mondo accademico fossilizzato sulla sacra figura del Bardo per motivi di prestigio, e un mondo economico, che coinvolge lo stesso governo britannico, disposto a difendere con ogni mezzo la leggenda nazionale. Quindi un’operazione abbastanza dozzinale di taglia e incolla per fare scalpore e cassetta.
Detto questo, dimenticando le diatribe accademico-stilistiche è la realtà storica dei fatti, il libro si lascia leggere bene, è un’appassionante storia di spie, agguati, minacce, assassinii, in stile decisamente Chandleriano. C’è tutto, il furto nel cimitero di notte, i testimoni fatti a pezzi o avvelenati e poi bruciati, l’attacco sul London Eye, il giornalista ulceroso e disincantato e la figlia che lo ciba di yogurt, la bella preside della facoltà di Lettere, il professore psicopatico..... Insomma, uno di quei libri da leggere come si van a vedere un film di avventura, per svagarsi e rilassarsi senza dover credere a una parola.

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