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Valparaiso di Nicholas Freeling (1964)

Di: Bookworm | 29/12/2012
Nicholas Freeling è uno scrittore molto noto e popolare in Inghilterra e Germania, soprattutto per la serie di gialli del commissario olandese Van Der Valk, su cui è basata una serie quasi ventennale di telefilm inglesi. Nei suoi libri la trama giallistica è una scusa per un’esplorazione ironica, affettuosa ma spesso feroce, della classe borghese e del suo punto di vista su morali e persone, del suo continuo nascondersi dietro un dito; anche nei casi in cui i personaggi sono animati dalla migliori intenzioni, la cultura del non lasciarsi coinvolgere è molto difficile da superare, e quando le realtà al di fuori della sfera borghese compaiono nella loro autenticità, viene mostrato anche l’imbarazzo dei personaggi “normali” che devono affrontare una realtà a loro aliena.
Ma Valparaiso non è un giallo, non proprio, è un romanzo completamente diverso. Si svolge soprattutto nel porticciolo di Porquerolles, una minuscola isola di fronte alla riviera francese di Tolone, in una posizione riparata e soleggiata, a una sessantina di chilometri da Saint Tropez, un equivalente mediterraneo di un’isola dei Caraibi. Qui è approdato un giovane uomo, un avventuriero; non nel senso classico del termine, di baro, truffatore, sfruttatore, ma un giovane che non vuole legami, che vive poveramente di una piccola rendita e per pagarsi le sigarette o altri piccoli vizi, come uno stufato di carne ogni tanto, pesca pesce e aragoste che rivende al ristorante locale. Raymond Kaptain proviene da un non meglio specificato paese del Nord, potrebbe essere Belgio, Olanda, Danimarca, ed è arrivato con la sua unica ricchezza, la barca, un piccolo cabinato che è la sua casa e il suo orgoglio, e il suo grande sogno di riuscire ad approvvigionarla per una traversata dell’oceano, da solo, per circumnavigare la Terra del Fuoco ed arrivare a Valparaiso. Ma più che la destinazione, il sogno riguarda il viaggio, la sfida con se stesso di resistere alla solitudine, alle tempeste, al terrore della nebbia e del gelo per passare a sud del continente Americano. Ovviamente, essendo povero, i preparativi vanno per le lunghe, c’è sempre un altro lavoretto da fare, una mano di vernice per cui bisogna trovare i soldi, un’aggiustata all’albero maestro per renderlo assolutamente resistente in una tempesta. Infatti è fermo a Porquerolles da circa un anno. La storia si apre con la riverniciatura della carena della barca, tirata in secco per la bisogna, e la scoperta di una zona di legno marcio causata da una vecchia riparazione difettosa, che si può rattoppare ma lascia la barca troppo fragile per affrontare un mare davvero brutto. Il danno sarebbe riparabile ma ci vorrebbero molti soldi.
A questo punto, sull’isola arriva Natalie, non una star ma un’attrice abbastanza nota, che è venuta d’impulso in cerca di tranquillità, senza nemmeno una valigia. Dato che l’albergo è anche locanda e il bar principale, lei e Raymond si incontrano e fanno amicizia, perché lui è istruito, intelligente, divertente, ed ha molte storie affascinanti da raccontare. Vanno a fare un giro in mare insieme, diventano amanti, e lui le svela il suo sogno, vergognandosi però di dirle che la barca in realtà è marcia; la scoperta è troppo fresca, gli brucia ancora, è come se gli avesse tolto il traguardo verso cui lavorava da tanto tempo. Natalie è pratica, e vive in un mondo in cui la finzione e l’ipocrisia travolgono tutto. Il sogno di Valparaiso le appare limpido, coraggioso, brillante, un completamento a cui né lei né il suo marito, un mercante d’arte a cui è molto affezionata, potrebbero mai aspirare. Quindi pungola Raymond perché concretizzi la sua aspirazione, perché si dia una data precisa per la partenza. Non capisce e non accetta che un sogno possa essere un motivo per vivere anche se non si avvera, non si può avverare, anzi, è un motivo proprio perché è un sogno. Lei vuole completare la sua vita, tutto quello per cui non ha avuto il coraggio di lottare, dando la sua forza e il suo entusiasmo al sogno di un altro.
Intanto noi abbiamo scoperto che anche Raymond è molto meno completo di quanto vuole credersi. E’ fuggito da una città di provincia e una vita di provincia, prima rifiutando la carriera giuridica di famiglia per studiare teatro, poi innamorandosi di una ragazza, erede della ricca nobiltà locale, ma senza avere il coraggio di andare fino in fondo e sposarla contro tutto e contro tutti; quando lei resta incinta, il padre di lei gli dà un congruo assegno a patto che lasci il paese e non abbia più contatti con la figlia. E lui, giovane, inesperto, e preso di sorpresa (o forse un poco vigliacco e opportunista?) prende l’assegno ed emigra in Spagna, dove con l’assegno acquista la sua barca, vecchia ma solida, un amore a prima vista, e studia tutto quello che c’è da studiare sulla navigazione, per tagliare, fisicamente e psicologicamente, tutti i ponti con quel mondo che lo ha costretto nel personaggio del vigliacco. Ora si ritrova con una donna, di cui si è innamorato, che lo sfida a dimostrare di avere il coraggio di attuare il suo sogno.
Un romanzo, scritto oggi, che volesse analizzare i motivi dietro la fuga dalla civiltà, da se stessi, dalla merce, dalla morale, dagli specchi, sarebbe almeno di 700 pagine. Questo è scritto nel 1964, e raccontando i fatti, gli odori, i rumori e i silenzi, il senso tattile del legno e del vento, comunica tutto quello che ciascuno di noi ha il coraggio di leggerci dentro, in 170 pagine. E anche questo dovrebbe dirci qualcosa.

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