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GUTTUSO. 1912 - 2012

Di: Marcello Berlich | 20/12/2012
ROMA, COMPLESSO DEL VITTORIANO, FINO AL 10 FEBBRAIO 2013 Una di quelle mostre dove (forse) è necessario andare, anche se l'artista non fa parte dei propri gusti. Una retrospettiva 'canonica', che attraversa tutta la biografia pittorica di Guttuso, dagli esordi siciliani al lunghissimo periodo romano che ha occupato gran parte della sua vita, nel corso del quale l'artista ha prodotto le sue opere più significative, pur non recidend o mai le proprie radici siciliane.
La sensazione è che come al solito, in Italia 'nemo profeta in patria': ci si chiede come mai di Guttuso si senta parlare tutto sommato poco, eppure percorrendo i corridoi della mostra cisi accorge, per esempio, che il suo "La Discussione" è esposto alla Tate di Londra e che il celeberrimo "Caffè Greco" si deve invece arrivare a Madrid, per ammirarlo dal vivo.
Il percorso espositivo ci mostra un artista poliedrico, capace di passare dalle nature morte ai ritratti, dai piccoli quadri alle tele di grandi dimensioni, da un'arte figurativa 'esplicita' ad opere dal sapore surreale, passando per 'scomposizioni' dai richiami cubisti (in effetti ci si accorge di quanto Picasso abbia influito su Guttuso, tanto da essere omaggiato nel bellissimo Convivio in cui il pittore siede a tavola assieme a tanti dei suoi personaggi: un 'gioco' se si vuole, ma anche una dedica sentitissima).
L'impressione che si fa strada nello spettatore è dunque che in fondo Guttuso sia in parte dimenticato: dipenderà forse dal fatto che è morto tutto sommato ancora non troppo tempo fa (la mostra celebra il centenario della nascita, che coincide anche col venticiquesimo anniversario della morte); si fa strada il dubbio che tutto dipenda dal suo aperto schierarsi politicamente (l'essere esplicitamente di sinistra di Guttuso, giunto anche a sedersi tra gli scranni del senato in epoca di pieno potere democristiano tanto bene non deve avergli fatto...).Manca tra l'altro qualsiasi riferimento alla sua relazione - artistica e sentimentale - con Marta Marzotto, come se si fosse voluto 'lasciar fuori' qualsiasi 'materiale da gossip'... ci si chiede se sia fino in fondo onesto separare così nettamente l'ambito squisitamente biografico da quello artistico.
L'esposizione insomma dà modo soprattutto di rivalutare Guttuso, di dargli la collocazione che merita all'interno della storia dell'arte italiana, con un'aggiunta importante: pur avendo 'flirtato' con le avanguardie, a Guttuso va dato il merito di aver sempre conservato un'ampia dose di realismo e con essa di aver costantemente lasciato aperto un canale di comunicazione con un pubblico più vasto rispetto a quello degli appassionati: l'esposizione in questo senso mostra alcune opere profondamente significative : Guttuso porta sulla tela la caotica atmosfera della spiaggia di Ostia, inserisce un fornello elettrico in una natura morta, arriva a far esordire nella storia dell'arte italiana la categoria dei 'turisti giapponesi' (naturalmente con macchina fotografica al collo), in "Caffè Greco".
Poi ci sono le altre, storiche opere, a partire dalle tele più grandi e coinvolgenti: "La vucciria" col suo accatastarsi di cibo attorno ai clienti del mercato (ma anche in questo caso torna l'impressione 'contemporaneità': lo scaffale con formaggi e insaccati lo potremmo vedere in qualsiasi mercato sotto casa), sembra riportare colori, suoni e profumi della Sicilia (e assieme questo, le nature morte a base di angurie, arance, fichi d'India); "La zolfatara" riflette sulle condizioni di lavoro, proseguendo sulla strada di un'attenzione al 'sociale' che ritorna più volte nell'opera di Guttuso e trai quadri in mostra, dallo "Zolfatarello malato", alla 'Caccia al pesce spada', fino all'impegno politico, riassunto con forza ineguagliabile dai "Funerali di Togliatti", col suo mescolarsi di personaggi celebri in mezzo al popolo, in una folla sulla quale si staglia, vivacissimo, il rosso intenso delle bandiere; senza dimenticare, per concludere, la celebre 'Crocifissione' che tanto 'scandalo' diede per il nudo della Madonna, tanto da 'meritarsi' l'anatema della Chiesa.

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