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Stoccolma anni 20-50

Di: Bookworm | 27/11/2012
L’invisibile, romanzo d’esordio di Pontus Ljunghill , Guanda 2012, tradotto egregiamente da Renato Zatti
Stoccolma, per chi non c’è mai stato e la cerca sulla carta, sembra una città d’acqua, circondata, attraversata dall’acqua, un pezzo di terra in un arcipelago di isolette. Ma nella città narrata dall’esordiente Ljunghill il mare c’entra poco, anche se l’assassinio avviene in un cantiere navale dismesso (non svelo nulla, questo viene detto sulla primissima pagina).
Il mare compare nel romanzo, ma non viene dato risalto al mare di Stoccolma, che viene trattato come il Tevere di Roma o la Senna di Parigi, sta li e non ha un sapore particolare, se non in un momento in cui l’assassino fa una passeggiata lungo una spiaggia di uno dei tanti laghi interni della città. In una città simile a Venezia o a Rotterdam i canali e i laghi non profumano il racconto, stanno semplicemente li, con i loro ponti, che lo scrittore attraverserà tutti i giorni probabilmente in autobus senza badarci più di tanto. Compaiono le isole, come rifugio, l’isola di Gotland a sud di Stoccolma, in mezzo al Mar Baltico, il luogo dove un poliziotto in pensione cerca pace dai suoi ricordi, dall’amarezza di una carriera a contatto con il lato peggiore della società, e un’isola non meglio specificata, piccola, dell’arcipelago a est di Stoccolma, dove lo stesso poliziotto giovane va per una breve vacanza con la moglie, per ritrovare la calma e una cercare di recuperare il tempo per una vita sua, e da cui viene richiamato dopo solo un giorno da una telefonata di lavoro.
Il racconto è la storia della caccia all’assassino di una bambina di nemmeno otto anni, trovata in un lago di sangue, uccisa a manganellate in un cantiere navale dismesso nel 1928. Seguiamo la storia dal punto di vista dell’ispettore di polizia incaricato del caso, intervistato nel 1953, quando ormai è in pensione, da un giornalista che sta scrivendo pezzi storici sui delitti celebri di Stoccolma, e dai brevi incisi dell’assassino. E’ una storia raccontata bene, senza esagerare i personaggi, che disegna tanti cammei, tante immagini di situazioni e sentimenti, sempre un poco sotto le righe, e riesce a mantenere una tensione costante dall’inizio alla fine. Dipinge inoltre l’evoluzione di una città nell’arco di venticinque anni, che si fa sempre più metropoli (come potevano essere le metropoli negli anni cinquanta), che vede sparire i campi, e vede nascere nuove strade e nuovi ponti per assecondare il traffico in aumento. E’ scritta con affetto per la città e per gli abitanti. Il protagonista è un poco m Maigret e un poco Marlowe, un buono reso cinico dal suo mestiere, un uomo che guarda le persone al di là dei loro ruoli.
Non sembra davvero un’opera prima, mostra una cura sia nella costruzione delle frasi che della trama davvero ammirevole. Non so se sia un pregio di questo autore particolare, o una cultura svedese di affrontare le cose in modo più serio e approfondito e meno frettoloso di ottenere risultati del nostro.

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