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I often dream of trains - come direbbe Robyn Hitchcock

Di: Franz Andreani | 12/11/2012
Il trasporto su rotaia in Italia sta subendo un lento ma progressivo declino, a dispetto di due dati fondamentali: il primo è il grande sforzo, diciamo così, profuso sull’alta velocità la cui punta di diamante è rappresentata dalla realizzazione della discutibile linea Torino Lione con il passaggio in Val Di Susa; il secondo è l’aumento dei viaggiatori pari al 13,6% dal 2001 al 2011- fonte ISTAT - considerando anche che il 70% dell’utenza utilizza regolarmente i treni regionali. La parola d’ordine, sia per Trenitalia - che si occupa dei treni che circolano, che per Rete Ferroviaria Italiana - l’azienda che si occupa delle infrastrutture, è ridurre personale e dirigenti, con la conseguente riduzione del servizio e delle manutenzioni.
Approfondisco qui il caso emblematico – passato nella totale indifferenza – della chiusura in Piemonte di ben 11 linee per un totale di 459 chilometri pari al 24% dell’intera rete ferroviaria piemontese. La ragione è sempre la stessa, la crisi che comporta la riduzione dei trasferimenti di denaro dallo Stato alle Regioni, ma le ragioni profonde sono altre e rientrano in una strategia ben precisa attuata all’unico scopo di favorire qualcuno a discapito della qualità del servizio e quindi della cittadinanza; non vi è nessuna strategia volta al cittadino in questi tagli e riduzioni sistematiche, ma quasi una spartizione: le FS mantengono il regime di quasi monopolio nell’uso dell’infrastruttura ferroviaria – gestita da RFI – scoraggiando sistematicamente ogni inserimento di altri attori, ponendosi come concorrente del trasporto aereo e concentrandosi sull’alta velocità che – a conti fatti – non è così redditizia, così da lasciare il campo libero ad una miriade di imprese private che operano su gomma a base locale senza un piano di coordinamento e una visione complessiva delle esigenze dei cittadini.
Ancora peggio. I tagli giustificati dalla regione Piemonte non hanno alcun riscontro reale con la diminuzione operata nel servizio. Vi rimando all’interessantissimo articolo pubblicato sul numero 351 di settembre de “iTreni” firmato da Silvia Adorno, che districandosi lodevolmente attraverso un nugolo di leggi dello Stato, cifre alla mano, arriva alla conclusione sconcertante che le risorse assegnate ai servizi svolti da Trenitalia – che è la società ferroviaria con cui gli enti territoriali stipulano l’accordo per lo svolgimento dei servizi su base regionale – è stato di 1611 milioni di euro + IVA nel 2010 e 1748 milioni nel 2011, senza nessuna sostanziale diminuzione dello stanziamento, considerato il costo della vita. La somma viene ripartita con gli stessi criteri da anni alle 15 regioni a statuto ordinario ed i trasferimenti per il 2012 sono già stati sostanzialmente definiti. “Vi è però una sottile differenza tra le risorse assegnate nel 2011 e nel 2012 – scrive ancora la Adorno -: mentre prima le risorse dello stato erano vincolate all’utilizzo per il trasporto ferroviario ed espressamente per Trenitalia, da quest’anno 1200 milioni, ovvero la maggior parte, provengono da un fondo che copre il trasporto pubblico locale anche ferroviario”. Il Piemonte in dettaglio, spiega sempre Silvia Adorno, ha subito un taglio di 9.2 milioni di euro “dovuto ad una quota assegnata con criteri di premialità (ovvero danari che sono stati tolti al Piemonte per il fatto stesso di non aver migliorato il servizio ferroviario). La chiusura delle 11 linee vale viceversa 20.3 miliardi a cui si sommano ulteriori tagli sulle altre linee […]” rimodulate nel servizio, per usare un termine da comunicato Trenitalia.
Perché parlo di strategia allora appare evidente. Le linee tagliate, si dirà, avevano una bassa frequentazione, alcune di esse subivano delle chiusure estive, alcune avevano subito danni all’infrastruttura nel 2010 e non erano state mai riparate, altre per contro erano state recentemente ammodernate con nuovi binari e con l’elettrificazione – analoga cosa è avvenuta sulla linea a sud di Sulmona lo scorso anno. Ma c’è dell’altro.
La competitività del servizio su rotaia si ha quando esiste una rete ferroviaria, non una linea. E se guardate la cartina delle ferrovie del Piemonte chiuse, vi accorgete come queste rappresentassero parte di questa “rete” di trasporto. Fino al 2004 i treni viaggiavano con un orario cadenzato con coincidenze sistematiche che rendevano ragionevoli i tempi di percorrenza. Dal 2005 l’orario è stato ristrutturato con un drastico aumento del tempo di viaggio. Nell’ultimo anno ci sono state poi ingiustificate cancellazioni anche della metà delle corse giornaliere, e i passeggeri in stazione non venivano neppure avvisati. Infine molte corse di autolinee si sovrapponevano a quelle ferroviarie con evidente spreco di risorse pagate dai cittadini. E ancora – cito sempre dal’articolo – “vale la pena di ricordare una dichiarazione dell’assessore ai trasporti del Piemonte (riportata dall’agenzia di informazione Ferpress il 17 maggio), che parlando ai rappresentanti delle aziende piemontesi del trasporto su gomma ha affermato: ‘garantiamo che eventuali contrazioni nei trasferimenti statali nel prossimo triennio ricadranno sul gestore del trasporto su ferro. E ancora alle aziende che si sono aggiudicate le gare di trasporto locale verranno affidati i servizi sostitutivi per le linee ferroviarie temporaneamente non utilizzate’”.
Siamo in presenza di una rete, non di un’infrastruttura da costruire, oltretutto siamo in una zona dove la neve non manca e il trasporto su gomma risente delle avverse condizioni atmosferiche molto più del trasporto ferroviario, e per finire non dimentichiamo che gli autobus sono più lenti, nella maggior parte dei casi, del treno e che laddove sono stati impiegati nel lungo periodo, magari per sostituire linee chiuse per lavori importanti, i viaggiatori sono calati sensibilmente: “sostituendo i treni con l’autobus vince solo l’automobile”.
Altro che chiusure temporanee, questo è l’abbandono sistematico del bene pubblico che non mi stancherò mai di ricordare è cosa di tutti, perché lo Stato siamo noi, tanto è vero che le istituzioni spesso ragionano contro i gli interessi dei cittadini.
Ci rimane la beffa di prendere un treno regionale ed essere tempestati dagli annunci “non aprire le porte esterne dei treni e non salire o scendere quando questi non siano assolutamente fermi” sapendo benissimo che il macchinista ha il controllo sulle porte ormai di tutte le carrozze viaggiatori e non ci farà mai scendere “dalla parte opposta a dove si effettua il servizio viaggiatori”, verremo informati sempre di più sul fatto che il nostro “treno viaggia con alcuni minuti di ritardo dovuto a problemi con la circolazione dei treni” anche se il ritardo rientra in 5 accettabili minuti, con i quadri orario delle piccole stazioni spesso spenti e i tabelloni orario illeggibili dalle scritte che li imbrattano, ma quella è colpa nostra perché trattiamo i treni come se non siano nostri.

L'eloquente foto è di Fabrizio Sozzi.


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