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Regole

Di: Franz Andreani | 06/10/2012
Quando sentite qualche giornalista o qualche politico dire che in quella materia vi è carenza normativa, provate provocatoriamente a non dargli credito, perché da noi vi sono troppe norme, troppe regole, troppe modifiche ed interpretazioni al testo base. È come davanti ad un buffet: più roba c’è da mangiare, maggiore è la varietà del cibo, più ci si abbuffa. In Italia le regole non bastano mai, c’è sempre bisogno di successive modificazioni, occorre interpretarle, rivisitarle, di fatto se ne confonde l’applicabilità pratica a tutto vantaggio del clientelismo e della corruzione. La corruzione ed il degrado della politica, a cui il nostro Capo dello Stato fa ancora oggi riferimento, non spuntano casualmente da un sano tessuto sociale, ma basano il loro substrato su regole di difficilissima applicazione. Fateci caso: ogni governo che si insedia lancia la sua riforma della scuola, del’università, delle pensioni, del fisco, avvia il suo programma di semplificazione normativa e la situazione peggiora.
Non abbiamo avuto neppure la possibilità di migliorare su questo argomento, malgrado le promesse liberiste di governi di destra che hanno dominato il pensiero politico-culturale del nostro paese. Il tandem ministeriale semplificazione normativa/funzione pubblica dello scorso dicastero ad esempio, era formato da uno che si mette le magliette per esporre un programma politico e da un professore con una cattedra dove non è mai salito, pur percependone lo stipendio.
Se John Lennon immaginava un mondo senza regole non voleva sottintendere una società basata sul fare quello che si vuole a discapito degli altri, e questa è una banalità che a parole capiscono tutti; la sua visione era per un mondo capace di autoregolarsi nel quale chi compie un errore se ne rende conto e si coregge da se con l’aiuto della società. Ma noi che notoriamente non conosciamo l’inglese, immaginiamo un mondo a briglie sciolte al quale, proprio per soggiacere ad un obbligo regolamentato, forniamo le autocertificazioni perfino dei soldi che spendiamo per i nostri peccatucci.
Dal punto di vista del numero di norme siamo un paese incivile. Ma non crediate che voglia parlarvi del solito mondo della politica nel quale, attraverso una folta regolamentazione normativa, passano gli aumenti degli stanziamenti ai partiti per le piccole spese personali: vi porto quest’oggi un paio di esempi della vita di tutti i giorni. Numero uno. Viaggio in treno, in uno dei nostri treni regionali abbastanza pieno da stare comunque vicini vicini. La signora di fronte a me tiene sulle ginocchia un piccolo cane, Ma la sfortuna vuole che Trenitalia in questo periodo abbia aumentato i “controlli a bordo treno”, come annunciato dall’altoparlante con una certa insistenza, il che si traduce nel fatto che passa il controllore dicendo “biglietto!”. Quindi passa il controllore. La signora afferra il canetto e lo schiaffa dentro ad una busta di stoffa. Il controllore lo vede e ne rileva l’irregolarità. La signora protesta vibratamente, ma lo fa appellandosi al regolamento, che da noi si chiama “Condizioni Generali di Trasporto dei passeggeri di Trenitalia”. Ma visto che il regolamento non dice che un cane possa stare sul sedile nelle ginocchia del suo padrone, l’aggancio alla regola non funziona, il capotreno infatti è pronto a dare battaglia carte alla mano. La signora allora si appella all’intelligenza del controllore e alla sua elasticità. In pratica dà dello stupido al pubblico ufficiale perché non è elastico, che in quel caso vuol dire che la regola c’è, è chiara, è a tutela del cane, del passeggero, della sicurezza e della tolleranza degli altri passeggeri, della comunità, ma che il controllore, cioè colui che deve fare applicare la regola, deve chiudere un occhio. Ecco come siamo fatti: la signora conosce – a suo dire – il regolamento, ma è la prima a chiedere che per lei venga fatta un eccezione, che si dimostri elasticità e quindi intelligenza. Da notare anche il fatto che il controllore non riesce a trovare testimoni per il suuo verbale, in un treno pieno, e dovrà cavarsela con una fotografia.
Quale è il nostro paese?
Numero due. È di questi giorni l’ampio dibattito nel più grande partito di opposizione su come scegliere il candidato premier. Nel nostro paese è uso scrivere l’ennesimo regolamento e poi cambiarlo “in corsa” per riaprire la possibilità a qualcuno o per tirarlo fuori dalla galera. Il cambiare le regole vizia e svilisce il gioco, e gli studenti come al solito dimostrano la loro sensibilità e suscettibilità al problema e fanno ciò che gli riesce meglio: scendono in piazza.
Alla mia e alla vostra riflessione due fatti semplici: una signora arrogante che non sa neppure chiedere un favore, e che per la cronaca paga una multa di 50 euro, e un partito che non ha il coraggio di espellere i suoi rappresentanti alla regione Lazio che sapevano e tacevano, ma che dibatte su quale sia il modo più democratico per far finta di far scegliere alla gente un candidato. Due stupidaggini che si sommano ad altre migliaia di stupidaggini di un paese che sempre meno sommessamente grida “si salvi chi può” dimostrando il proprio miope egoismo.

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