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Donne a Oriolo Romano tra età moderna e contemporanea

Di: Bookworm | 21/09/2012
Questo volume, a cura di Roberta Ferrini, edito da Ghaleb Editore (€ 15, pp.127), è il terzo dei Quaderni di Oriolo Romano, collana fondata da Enrico Guidoni e nata dalla collaborazione tra il Comune di Oriolo e il Museo della Città e del Territorio. Questo volume è nato in occasione dei festeggiamenti per i 150 anni dalla fondazione del paese, con l’intento di ricostruirne la storia al femminile, poiché nella storiografia ufficiale di Oriolo le donne compaiono solo come dati anagrafici, madri e consorti, buone alleanze per le nobili famiglie dei Santacroce (Giorgio III Santacroce, signore di Vjano fu il fondatore di Oriolo) e degli Altieri, feudatari di Oriolo, Vjano e Monterano dopo la tragica estinzione dei Santacroce.
Quindi, sotto la dinamica spinta di Emilia Lotti, una donna che ha passato una vita di lotte partigiane, politiche e femministe, prima nella sua nativa Forlì e poi a Roma, nel PCI e come responsabile dell’UDI, e con l’appoggio della senatrice Marisa Rodano e del sindaco di Oriolo Graziella Lombi, un gruppo di donne del paese, di ogni età, si è messo a scartabellare negli archivi storici del Comune, della Parrocchia, delle famiglie Orsini, Caetani, Altieri, l’Archivio Storico Capitolino, l’Archivio di Stato,e perfino nell’Archivio segreto Vaticano, per trovare le tracce delle donne che hanno fatto parte e hanno contribuito a costruire la storia del paese. Sono stati consultati un centinaio di libri, le emeroteche di giornali, sono state raccolte le testimonianze di anziani del paese e di studiosi di storia locale che avevano a loro volta già svolto ricerche e raccolto notizie. Il risultato è un volume composito, formato da nove capitoli principali scritti ognuno da una partecipante al progetto, che ricostruiscono fin dove possibile la storia delle donne del paese, ed evidenziano la difficoltà di trovare notizie storiche “al femminile”.
Si comincia dal Cinquecento, con la tragica storia di Donna Costanza Santacroce, vedova del fondatore del paese, che fu uccisa a colpi di accetta dal figlio Paolo. Ma la ricerca di Roberta Ferrini non si concentra sulla morte di Costanza, perché su quella è già stato scritto molto, ma sulla sua vita, su cui è molto più difficile trovare notizie. Dopo averci dato un quadro della situazione giuridica ed economica delle donne, in particolare delle vedove, nel Cinquecento, l’autrice descrive anche la situazione di una delle poche donne del popolo di cui i documenti riportino qualche dato, arrivata al paese appena fondato di Oriolo da Ficulle, e ipotizza il viaggio che avrà dovuto fare, a piedi, lungo le vie della transumanza.
Irene Samperi si è occupata del Seicento, e della figura di Laura Caterina Altieri, la cui vita è molto più documentata, sia per l’abbondanza di ritratti, sia perché per mantenere il nome e il capitale della famiglia Altieri si andò contro la legge Salica in vigore che escludeva le donne dalla successione nella proprietà fondiaria, quindi la parte economica è documentata, ed anche per l’interesse che dimostrò nell’Istituto di recente fondazione delle Maestre Pie Venerini, che offriva istruzione gratuita alle giovani del popolo. Della donna in sè, dei suoi interessi e della sua vita personale si sa poco, i documenti si occupano solo della sua figura ufficiale e giuridica, e questo dare importanza solo all’apparenza delle donne, alla loro funzionalità rispetto alle esigenze della famiglia e della società, viene evidenziata molto bene nel capitolo.
Il Settecento è affidato a Silvia Sarli, che si occupa di Maria Maddalena Borromeo Arese in Altieri, e Simona Saroli che ha ricercato la vita di Livia Borghese in Altieri. La principessa Maria Maddalena si interessò molto all’istituto delle Maestre Pie Venerini, mantenendo una fitta corrispondenza che è stata conservata, e ci dà molti lumi sul carattere della principessa, che fra l’altro istituì e finanziò dei premi di devozione e la distribuzione annua di una dote in denaro per le giovani più povere che fossero costanti nello studio e nelle devozioni, istituto che è stato mantenuto dagli Altieri fino alla morte dell’ultima principessa nel 1967. Il capitolo studia anche gli abiti, tutt’altro che comodi, che le donne nobili dell’epoca dovevano indossare, e il loro ruolo morale di educatrici, attraverso il quale però riuscivano a volte ad esprimere la loro personalità. Simona Saroli studia invece la storia di Livia Borghese, che sposò il figlio di Maria Maddalena, quindi visse fra Roma e Oriolo nello stesso periodo ma in un’altra generazione. La sua vita è documentata in affreschi nel Palazzo Altieri, con la fontana nella piazza di fronte al palazzo, dove la stella degli Altieri viene unita allo stemma Borghese dell’aquila e del drago, e in vari documenti e corrispondenza, dove però appare sempre come coniuge di Emilio, anche se era una principessa bella e famosa, cui vengono dedicati sonetti, operette e spettacoli, e frequentava (con il marito) artisti, musicisti, pittori ed in genere il mondo intellettuale romano dell’epoca.
La contessa Beatrice Archinto in Altieri rappresenta l’Ottocento, nel capitolo scritto da Giulia Corradi. La Contessa era una donna colta e intelligente, figlia di Cristina Trivulzio, che era grande amica di Silvio Pellico, e la giovane era cresciuta in aria di riforme e rivoluzioni. Il matrimonio con Emilio Altieri fu deciso per motivi economici, e lei per tutta la vita si sentì in trappola, cadendo in depressione nella solitudine del palazzo Altieri in Roma, e soprattutto quando dovette riparare mesi e mesi ad Oriolo per sfuggire alle epidemie ed ai moti popolari in corso nella capitale. Il capitolo comprende quattro pagine fotocopiate di una deliziosa lettera scritta nel 1849 da Oriolo al suo amico, il pittore Filippo Caetani.
Roberta Ferrini ci narra poi la storia di Donna Emilia Altieri, l’ultima principessa Altieri, che molti abitanti del paese ancora ricordano. Il capitolo è corredato di fotografie dell’interno del palazzo, di una lettera della principessa, che mostra la differenza nella scrittura con quella del secolo precedente, e di ritagli dalle pagine di società dei giornali. L’autrice fa un quadro dei cambiamenti sociali del secolo, delle conquiste delle donne e delle riforme istituzionali che le riguardano, e lo mette in parallelo alla vita di Donna Emilia, ancora profondamente legata ai valori dei primi del Novecento.
Fondamentale poi per la storia del paese è il capitolo scritto da Emilia Lotti, che è andata a ricercare la storia delle Fonderie Giampieri, l’industria che ha dato lavoro al paese dalla metà degli anni trenta alla fine degli anni sessanta, e ad intervistare le operaie che vi hanno lavorato. Emerge un quadro chiaro sia dello sfruttamento della forza lavoro in quegli anni, sia della disuguaglianza di trattamento fra uomini e donne, poiché le donne dovevano svolgere le stesse mansioni degli uomini, ma la loro paga era molto più bassa. Eppure, nonostante le dure condizioni di lavoro, per le famiglie del paese questa fabbrica significava comunque uno o due stipendi in casa, e per le donne lo stipendio era un’affermazione di autonomia, un poter alzare la testa dalla posizione sottomessa di figlia, moglie e madre, e da una vita sociale chiusa fra questi ruoli.
Silvia Sarli ha poi fatto una ricerca sul rito della vestizione della Madonna della Stella, la statua lignea della madonna di fattura settecentesca che viene portata fuori dalla sua cappella e in processione per il paese ogni 14 agosto, per poi restare sull’altare fino all’8 settembre, quando dopo un’altra processione viene rimessa nella sua cappella. Alcuni degli abiti della madonna risalgono al settecento, e nei secoli le fedeli hanno continuato a confezionarne, come ringraziamento per grazia ricevuta o come dono, quindi le “vestitrici”, le donne che ogni anno scelgono giorno per giorno quali abiti indosserà la madonna, e che si tramandano il ruolo di madre in figlia o di suocera in nuora, hanno un ruolo molto importante nel rituale giustamente femminile di questa festa religiosa, che è la più importante e la più sentita di Oriolo.
Il libro chiude con una serie di interviste a donne di Oriolo, sia native del posto che hanno saputo emergere come amministratori, imprenditrici, insegnanti, sportive o musiciste, sia “importate”, che hanno voluto unire la propria cultura e il proprio modo di essere al sentire comune della comunità Oriolese. Le riflessioni finali di Marisa Rodano danno il senso di un lavoro di recupero della storia femminile, fondamentale e ignorata, e così difficile da ricostruire.

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