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Celebration Rock

Di: Chiara Colli | 14/07/2012
Esiste un metodo, scientificamente provato, per capire se un album funziona o no. Un metodo che non vale per tutti i generi musicali, ma che, pertanto, è infallibile se utilizzato nei casi opportuni. Quando alla fermata dell’autobus, cuffie nelle orecchie, ci si ritrova a picchiare duro una batteria e ad intonare con foga un coro che manco allo stadio, quello è il segnale inequivocabile che la musica in ascolto ha centrato l’obiettivo. Era successo con "Post Nothing", e succede di nuovo con "Celebration Rock", secondo album del duo di Vancouver che negli ultimi 3 anni - anche con un’intensa attività live - ha risvegliato le emo-zioni e la veemenza (post) adolescenziale degli indie rockers di mezzo mondo.
Aperto e chiuso da fuochi d’artificio, più punk e compatto ma meno nebulizzato nel rumore, "Celebration Rock" non sorprende quanto il suo predecessore, ma suona altrettanto genuino nelle intenzioni e fisico come i Japandroids on stage. Ed è proprio l’energia e l’andamento da inno generazionale di quegli "Whoa-oh-oh" che caratterizza la band dal vivo, ad esplodere nelle otto tracce di un album che rifinisce alcuni aspetti (testi più compositi, suono più pulito), ma che mantiene l’approccio "buona la prima" di "Post Nothing". Omaggio ai Gun Club (versione hardcore) in "For the Love of Ivy" e déjà vu in copertina, per due adorabili ragazzacci della porta accanto.

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