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whelm

Di: DJ Moostash | 05/05/2012
Tack at non è altro che l’acronimo per The Artist Commonly Know As Technogod.
Con questo nuovo nome, che non può non far pensare ad una delle tante fasi di Prince, prosegue il percorso di Technogod, progetto che ha ormai più di 20 anni, avendo debuttato nel 1990 con un EP pubblicato da un’etichetta inglese.
Si tratta però di un progetto interamente italiano, per quanto i suoni siano sempre stati molto internazionali, come testimonia l’esordio, ed i tanti successivi concerti ed airplay in tutta Europa.

Questo Whelm è il quinto disco di una band che ha cambiato nome, ma non sostanza: “siamo una band non invitata alla festa, e spesso guardata con sospetto e incomprensione. eravamo fuoriluogo ai tempi delle posse, del rock cantato in italiano, del nuovo cantautorato italiano, e della nuova facebook generation dove non importa quello che fai ma quanto cazzo ci sei...”
Ed infatti, se non mancano le novità dal precedente Pain trtn ment, Tack at continua a miscelare in modo equilibrato suoni elettronici ed organici, spaziando nei generi, dall’electrowave all’electrofunk, dal fuzz and bass al punk and bass.
I testi sono specchio dei nostri tempi, raccontati con ironia e sarcasmo, toccando anche temi scottanti come le tragedie causate dallo stress post traumatico dei ragazzi tornati dal fronte, in Thousand yard stare (wtf).
In tutta questa ricchezza di suoni e contenuti, quello che colpisce è come il disco scorra piacevolmente e senza fatica: 15 brani per 60 minuti circa, ma la fine sembra arrivare in un baleno.

Per dirla nelle loro stesse parole:
“tack at fa musica e vive per la sua arte. non la troverete spiattellata sulle copertine o sulle labbra degli opinion leaders culturali. siamo out e molto off...

scavate ragazzi, scavate oltre la fosca superficie.”




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