Cerca tra i 5478 podcast,
l'archivio delle nostre trasmisioni dal 2006

The Politics of Envy

Di: Chiara Colli | 28/04/2012
Ci sono giovani con idee vecchie. E poi ci sono i “vecchi”, con idee “giovani”. Mark Stewart non ha bisogno di presentazioni in questo senso, se il suo spirito anticonformista, riottoso e precursore dei tempi è riuscito ad ipnotizzare un bel po’ di generazioni, da quel feroce e meticcio Pop datato 1979 fino ai lavori solisti intrisi della sua Bristol, rabbia punk e futurismo. Nello spazio fra Nick Cave - che lo definisce uno spartiacque per la scena musicale tra anni settanta ed ottanta - e St. Vincent, che nei live coverizza She’s Beyond Good and Evil davanti al suo indie-pubblico innocente, si propaga tutta l’influenza scomposta ed iconoclasta di un uomo che ancora oggi, dal vivo, sbalordisce per la sua alienazione dalle convenzioni di noi poveri mortali. "The Politics of Envy" è il ritorno in stile Stewart di un uomo che si scrollerebbe di dosso queste celebrazioni, per puntare dritto ad un’aggressione vivida del presente. Della musica, dei fatti, della società. E allora, la Politica dell’Invidia non è certo il manifesto più folgorante della sua carriera, ma la sensazione è che il Prometeo post-punk-industrial abbia ancora una volta scompigliato le carte, mescolato visioni dub a scenari gelidi di apocalisse imminente, puntato il dito contro i poteri forti. E stavolta non da solo, vista la quantità di amici arruolati per l’occasione.
La traduzione in musica di questo viaggio al centro dei vizi occidentali, si concretizza al meglio negli assalti violenti e lancinanti di "Vanity Kills", dove ospiti sono Kenneth Anger e Richard Hell, nel ricordo di Carlo Giuliani con "Autonomia" - duetto acido con Bobby Gillespie -, nel tappeto fumoso di "Gang War", declamata da Lee Scratch Perry e sporcata dalla Slits Tessa Pollit o nella malinconia di "Stereotype", incrocio di wave ed elettronica ad opera di Keith Levene e Factory Floor. Meno ispirate le concessioni al pop più lascivo e sintetico, quando Stewart sembra stare fin troppo al passo coi tempi. Occhi sbarrati, ghigno insolente e ancora un paio di cose (scomode) da dire.

Condividi

     

Commenta

ULTIMI POST