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Father, Son, Holy Ghost

Di: Chiara Colli | 15/10/2011
L'equazione è matematica. Dietro un artista brillante, c'è sempre una storia malsana. Ricorda Bradford Cox (Deerhunter, Atlas Sound), Christopher Owens - mente dei due Girls - ma la sua non è stata una vita di solitudine e malattia. Cresciuto nel culto dei Children of God, quando scappa Owens si trasforma in un giovane ribelle, scaldato dal solo abbraccio straniante dell'eroina. Il filo conduttore col suo passato è la musica, filtrata attraverso la popular culture americana (Gene Kelly, Elvis Presley, James Dean) di cui si abbuffa non appena uscito dal regime dei Figli di Dio.
Dopo l'esordio "Album", con "Father, Son, Holy Ghost" il duo di Frisco migliora nella scrittura di canzoni pop ricche di sfumature, che attingono da un passato classico rivisto attraverso la personalità junkie e malinconica di Owens. Dall'apertura glam con "Honey Bunny" alla ballata sognante che è "My Ma", attraverso i chiaroscuri (hard) rock vibranti di "Alex" e "Die", lucidati da una morbidezza compositiva a metà tra Everly Brothers ("Saying I Love You") ed Elvis Costello. L'apice è "Vomit", tormento d'amore che sfocia in gospel etereo, eredità delle messe corali della sua vita di prima. Nel nome del Padre, del figlio e degli Spiritualized.

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