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Jupiter Stone

Di: Gianluca Diana | 26/04/2011
Un diamante grezzo. Questa è la sensazione che si ravvisa all’ascolto dei Jupiter Stone, i quali hanno recentemente pubblicato la loro prima omonima uscita discografica. Quartetto che giunge dall’area urbana di Memphis, Tennessee. La strada maestra che percorrono è quella del rock, ma afferiscono molteplici storie sonore. Complici in ciò, sono sicuramente le storie personali dei quattro, ma forte è anche l’influenza del territorio. Gli Stone, mentre transitano nell’incrocio che connette il Volunteer State, l’Arkansas ed il Mississippi, non mancano di rivolgere lo sguardo al grande fiume. Le fonti di ispirazione davvero non mancano, ed ecco quindi che licenziando un album di tredici brani, molteplici sono gli elementi d’interesse che possiamo trovare. Rimembranze, che sono citazioni e non copie sia chiaro, che rammentano storie del primo grunge e dello stoner da Desert Sessions (“Addict”; “The Skynny”; “Fortune Man”), piuttosto che di gente come Soul Coughing (“Human”) od atmosfere pop-rock complessi e ben suonati (“Mind Trip”; “Flowers”). Gli Stone ed il loro amore per la Roma Classica dei Cesari, dicevamo, sono un diamante grezzo che porta dentro sé una ridda di cose: non stupisce quindi se il blues e suoni funk-rock degni della Black Rock Coalition emergono vibranti e fervidi (“The Levee Broke”; “Grandfather”). Play Your Soul with the Jupiter Stone: “Fortune Man”.

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