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The Tea House

Di: Gianluca Diana | 19/10/2010
Un disco leggero e soffuso, uno di quelli adatti al cambio di stagione. Da suonare quando il tramonto di un mezzo pomeriggio invernale rapidamente fa spazio alla notte. Un vecchio adagio diceva “mentre fuori piove”. Esattamente. Questo è “The Tea House” dell'autrice Esther Bertram. Magari coloro di voi che vantano una memoria migliore, la rammentano come vocalist dei britannici Pixiefish, band di electro-pop con derive disco. Da allora la Bertram ne ha fatta di strada. In direzioni diverse certo, ma che comunque la incanalavamo verse forme di pop-folk sempre più asciutte e concise. Ecco quindi diverse pubblicazioni alle spalle a proprio nome [quattro su un totale di nove, le altre con la band british], che includono anche questa ultima. Registrata ed incisa nello scorso luglio assieme al chitarrista australiano Charlie Meadows, la session di “The Tea House”, è sicuramente il miglior lavoro della cantante per metà finlandese e per l'altra australiana. Forse la sua vocazione da giramondo le ha dato la consapevolezza necessaria per carpire la parte più profonda di sé. Ed esporla su disco. In dieci incisioni che sfilano l'una dopo l'altra come una unico discorso. Sembra narrare infatti la Bertram diversi stati d'animo, certo avvinti da un'atmosfera melanconica, ma comunque affascinanti. “Surrender” apre il disco e le affermazioni melodiche dell'autrice, il brano immediatamente successivo “This Heart” tiene sospesi per qualche secondo in un limbo nefasto per sciogliersi subito dopo in una melodia leggera e zuccherosa. E così via per ogni altra canzone, sia quando le atmosfere languide di “Little White Letter” stropicciano l'anima, piuttosto che la fanno fremere di vibrazioni epidermiche degne del miglior amore con “Do As You Like”, e fino all'alba di “Lily's Debut”. Un diamante, la Bertram.

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