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Di: Gianpaolo Castaldo | 29/05/2007
TEN YEARS WITHOUT GRACE 29 maggio 1997, un pomeriggio qualunque. Come un fulmine a ciel sereno, la notizia: morto Jeff Buckley. Si parlò di overdose, di mix letale di tranquillanti e oppiacei, insomma una ridda di informazioni che (di solito, non sempre) vengono in parte o del tutto smentite. Nei giorni a seguire, la verità: Buckley era morto affogato nel Wolf River, un piccolo fiume che scorre nei dintorni di Memphis e che già tempo addietro si era “risucchiato” alcuni malcapitati; un fiume subdolo, con un sacco di mulinelli e sul quale spesso passa un traghetto turistico che con le sue pale stile “Marc Twain” crea dei gorghi assassini. Il corpo di Jeff venne ritrovato 3 giorni dopo qualche centinaio di metri più avanti, il riconoscimento si rese possibile grazie ad un tatuaggio ed a una maglietta che Jeff indossava al momento della scomparsa. Un incidente, insomma: al momento della morte, Jeff era lucido e sobrio. Fin qui, la cronaca. Considerazioni personali: sono uno degli italici-umani che lo ha conosciuto di persona, sera del 17 febbraio 1995 a Cesena prima del suo concerto al Vidìa durante il Mistery White Boy World Tour. In quel viaggio da Roma a Cesena sul pulmino messo a disposizione dalla Sony (che tempi, vai a pensare di rifarlo oggi!) ricordo di aver “incrociato” tante persone che come me condividevano la passione per Buckley. Da non molto, l’artista californiano aveva pubblicato il suo primo cd, GRACE, considerato da TUTTI, addetti ai lavori e non, come il più bel disco degli anni 90. Secondo me, uno dei dischi più belli di tutti i tempi. Ricordo Paola De Angelis di Radio Città Futura, alla quale prestai una cassetta C90 sulla quale registrò l’intervista che gli facemmo prima del concerto. Il mio vicino di posto, Guido Bellachioma. Tanti giornalisti di carta stampata dei quali non ricordo tutti i nomi. Federico Guglielmi, ma certo. Giancarlo Susanna, che ho recentemente reincontrato a Città Futura. Cosa posso dire di più? Che mi manca Jeff Buckley, mi manca tantissimo. E’ come se avessi perso un fratello minore. Ricordo anche le tante cose che mi hanno infastidito: i continui saccheggi che sua madre, Mary Guibert, ha posto in essere spacciando quelli che si possono definire degli appunti, delle pagine molto personali di un ipotetico “diario” che Jeff non avrebbe mai e poi mai reso pubblico, come “parte integrante di un progetto artistico incompiuto”. Quegli “Sketches From My Sweetheart, The Drunk”, appunto: abbozzi e nulla più di un ipotetico, soffertissimo secondo album che non è mai uscito. Come il “Live a L’Olympia”, disco così così, registrato male e che non ha mai reso “udibile” l’incredibile pathos che Jeff comunicava ai suoi fans nei concerti dal vivo. Oppure “Songs To No One”, nulla più che “vagiti” di un artista ancora lontano dalla sua vera identità. Ho conosciuto anche Mary Guibert, purtroppo. L’incontrai anni fa nell’Aula Magna della Sapienza durante la presentazione del dvd “Live In Chicago”; l’impressione che ne ebbi fu quella di una donna poco interessata a proteggere la “memoria” di suo figlio, più che altro una business-woman molto attenta a vendersi bene i suoi prodotti e a proteggerli, quelli si. Oggi sono 10 anni dalla morte di Jeff Buckley: una vita. Sento lontanissimo quel giorno, davvero. Chissà cosa avremmo detto, oggi, se fosse vivo. Chissà come avremmo commentato i suoi dischi, se solo lo avessimo ancora tra noi. Jeff Buckley ha lasciato tracce indelebili della sua grandezza, non solo musicale intendo. Chi lo ha conosciuto in profondità lo descrive come una persona timida ma anche estroversa, con un lato oscuro ed un altro luminoso, che passava velocemente da momenti di dolcezza ad altri di rabbia furiosa: senza dubbio, una personalità molto complicata. Un gran professionista della musica comunque, attento lettore ed interprete di musiche apparentemente lontane anni luce dai suoi tempi musicali, reintrerpretate con Grazia (appunto) e disinvoltura (Lilac Wine, Halleluiah di Cohen, le canzoni di Nina Simone ed Edith Piaf). Molto più di suo padre Tim, dal quale senza dubbio ereditò la capacità di assorbire a sè tutti gli input che provenivano dall’esterno, si è cimentato con un sacco di generi musicali ( rock, jazz, pop, metal, punk, classica, etno ecc) ma a differenza di Tim ha il “cruccio” di aver pubblicato in vita solo un album contro i 10 del padre, che comunque tanto amava e rispettava. Al momento sembra in lavorazione un film sulla sua vita. Speriamo davvero che non esca mai. Per maggiori info, tutto sulla vita e la musica di Jeff e Tim Buckley qui: http://www.gpcastaldo.it/pages/jefftim.htm

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