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Two Dancers

Di: Chiara Colli | 25/03/2010
La storia della prova del secondo album la sanno tutti. Una band esordisce col botto, si gode il successo, prende tempo per un nuovo disco che non deluda le aspettative e poi, come una maledizione, qualcosa va storto. Il secondo album è il tallone d'Achille di molti gruppi. Ma non dei Wild Beasts. Quattro ragazzi da Kendal, paesino sperduto nel nord del Regno Unito. Quattro (oggi) poco più che ventenni, che si conoscono fin dalla scuola e che, dopo 3 EP ed un passaggio alla BBC, firmano per la Domino. La loro musica è definita "erotic downbeat". Elegante, ballabile, fascinoso, "Limbo, Panto", datato 2008, è l'esordio che non passa inosservato, anche grazie alla voce ambigua e raffinata di Hayden Thorpe, novello Antony Hegarty. La prova del nove, arriva già nel 2009. Ogni infausta tradizione che li vorrebbe ripetitivi ed opachi è smentita. "Two Dancers" è tra i dischi dell'anno di molte testate. Il falsetto di Hayden che dialoga con la voce baritonale del bassista Tom Fleming. Il contrasto tra testi erotici e colti e sonorità giocosamente pop che si intensifica. E un feedback live che si fa subito sentire nel web. I ragazzi sono (già) cresciuti.

"Two Dancers" è un album originale, di quelli che non entrano in testa al primo ascolto. Di quelli che mescolano soluzioni raffinate, il fasetto in primis di Hayden ma anche arrangiamenti senza sbavature ed intrecci di piano e chitarra che apportano soluzioni innovative alle tipiche modalità indie dell'ultimo decennio, con melodie, neanche troppo in fondo, catchy. Una album in cui i Wild Beasts perfezionano il suono, lo stile, in cui appaiono immediatamente più maturi e concentrati sull'immagine - spesso eccentrica - che vogliono dare di sé. Fascinoso art pop, che non perde di intensità in tutto il disco. "All The Kings Men" sono 4 minuti di pop geniale, stravagante e giocoso. "Hooting and Howling" fa trasparire, anche musicalmente, una sensualità a cui, i quattro con base a Leeds, fanno riferimento per tutto l'album, senza perdere mai l'eleganza e l'impeccabilità di quello che vuole, a modo suo, essere una sorta di concept album. Dieci brani sostanzialmente dedicati al concetto di desiderio, ma senza deviazioni troppo esplicite e univocamente interpretabili; con riferimenti musicali che mescolano art rock e new wave, da David Bowie ad Antony, passando per i Talking Heads.

"Two Dancers" è un disco chiaramente britannico, ma lontano anni luce dall'omologazione indie degli anni zero. Dal beat ballabile di "The Fun Powder Plot" alla leggerezza di "We Still Got the Taste Dancing On Our Tongue", le immagini descritte nei testi (spesso con sottili riferimenti colti) - mistero, desiderio, vizi (molti) e virtù (un po' meno) - sono perfettamente riportate in musica con una formula che, se non è chiaramente sperimentale, codifica uno stile, un suono ben preciso. La mia fissa (almeno) del mese.

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