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Under and Under

Di: Chiara Colli | 14/01/2010
Chiamatelo shitgaze, weirdo-punk o weird-garage. Provate a rintracciarne i brandelli synth wave, l’attitudine lo-fi o l’estetica DIY. Infilando la testa nel calderone in cui Mike Sniper mescola la poltiglia Blank Dogs, potreste uscirne frastornati o quantomeno confusi. Tra i milioni di riferimenti a certa storia del rock, i deliri visionari di questa one man band (almeno su disco) e la patina di sporcizia e distorsione in cui è avvolto “Under and Under” (In The Red, 2009) - e non meno il precedente “On Two Sides” - qualcuno più attaccato all’onestà intellettuale della popular music dei “Golden Years”, potrebbe storcere il naso. Per gli amanti di post punk e garage, forse anche un po’ assuefatti all’aria stantia respirata negli anni zero, questo secondo lavoro in studio dello strano animale Blank Dogs, invece, potrebbe addirittura essere uno degli album dell’anno.
Il bicchiere è mezzo pieno se pensate a degli Screamers (onore e gloria a loro) frullati in un tritatutto di fuzz e garage, a dei Chrome (abilmente) riprodotti col Bontempi, a dei Cabaret Voltaire meno intellettuali e più punk o a dei Cure (quelli della trilogia) che suonano guardandosi le scarpe. Il bicchiere è mezzo vuoto se non sopportate le voci metalliche e inespressive, quel tipo di devoluzione che a tratti si avvicina più ad un feticcio che ad una sana e reiterata follia (ed ironia) o se amate il rock suonato piuttosto che caramellosamente sintetico.
Punti di vista che vanno espressi entrambi perché, sebbene chi scrive abbia quasi consumato il disco, è condivisibile mettere in dubbio l’originalità profonda di “Under and Under”, soprattutto considerando che questo secondo lavoro - che si inserisce in una produzione, tra EP e singoli, vasta e sconclusionata - segue parecchio la scia dell’esordio datato 2008.
Elettronica agrodolce, bassa fedeltà da ballare, atmosfere gloomy e melodie che si appiccicano al cervello. Il newyorkese Mike Sniper, che per anni ha nascosto la sua identità e che in realtà è probabile non si chiami neanche così, è un maestro nel creare effetti e rumori di misteriosa provenienza, nell’ipnotizzare giovani indie affamati di musiche dal sottosuolo (leggi “underground”) e nel disegnare scenari apocalittici su sfondi di cartone vintage. Se un po’ di disincanto non guasta mai, neanche quando c’è di mezzo un 8.1 di Pitchfork, è probabile che ascoltando “L Machine”, “The New Thing” o “Setting Fire to Your House”, questi Blank Dogs non vi sembreranno fissare poi così tanto la merda.

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