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Soul On Ten

Di: Maurizio Nagni | 10/11/2009
Chissa' perche' mi scordo sempre che la prima volta che senti un album non dovresti metterlo su come si mette uno standard, un classico, un disco che conosci bene. E cosi' e' stato per questo, Soul on Ten, primo live di Robben Ford: ci e' voluto un po' ma poi una volta sincronizzati i neuroni, quasi tutto e' andato a posto.

Registrato in due serate in un club di Los Angeles contiene 8 brani live del repertorio di Ford e due tracce nuove (Thoughtless e Don't Worry 'Bout Me).

Dicevo che ho fatto un po' di fatica ad entrare nel disco, probabilmente a causa della mia non eccessiva vicinanza con un certo tipo di improvvisazione funky-jazz. E' un disco che, a volte, passa da suoni molto decisi a momenti piu' sottovoce tutto nello stesso brano e sinceramente non sempre mi ci trovavo a mio agio.

Supernatural e There will be never another you sono due funky-blues con un finale jazz a sfumare dove il wha-wha della chitarra e' ben sostenuto dalla ritmica di Travis Carlton al basso e dalla batteria di Toss Panos. Mentre Indianola, Spoonful, un classico di Willie Dixon, e Please Set A Date, con l'Hammond B-3 di Neal Evans, ricordano le session del grande Stevie Ray Vaughan.

Nothin' to nobody e' ancora un'altro funk che in undici minuti contiene due assoli, sia di Panos che di Neal. Con Earthquake e How Deep In The Blues si chiude il live e vengono i due pezzi registrati in studio Don't worry about me e Thoughtless che per un verso sono piu' rifiniti dei pezzi precedenti, dall'altro dall'altro chiudono bene il disco con un suono piu' pulito.

Per concludere, ho sentito dischi piu' trascinanti, ma non posso dire che sia un disco di poco valore. Un live di Robben Ford ancora non c'era: perche' perdersi quest'occasione se non lo avete ancora visto dal vivo?

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