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Per amor del cielo

Di: Franca Di Roma | 23/07/2009
Per chi segue da tempo la scena musicale livornese, in larga parte nata e vissuta per preservare l'immensa eredità, artistica ed emotiva, lasciata da Piero Ciampi, Bobo Rondelli è una vera istituzione. La sua lunga carriera, prima con gli Ottavo Padiglione e poi da solista, non è costellata da tantissimi lavori, e già questo ne fa un artista di grande rispetto, perchè non segue l'onda anomala della discografia a cadenza fissa, ma, come dovrebbe essere, asseconda la sua vena artistica. E così, dopo ben sette anni da "Disperati, Intellettuali, Ubriaconi", vero capolavoro realizzato con Stefano Bollani, Bobo Rondelli, dopo aver lasciato decantare a lungo idee ed emozioni, ci regala "Per amor del cielo", un lavoro sereno, pacato e permeato di un romanticismo d'altri tempi, dove non c'è spazio per quella parte di indole più istrionica e "vernacoliera" e che sembra essere ripulito da ogni tipo di messaggio ironico, politico e sarcastico. Un piccolo capolavoro intimo e poetico, dove la splendida voce dell'artista livornese è sapientemente accompagnata da arrangiamenti musicali delicati ed impeccabili, che fanno da sottofondo a testi da brivido, come in "Viaggio d'autunno", un diario di oggetti, dischi e amori del passato, e nella canzone che dà il titolo all'album, che vede la partecipazione, assolutamente empatica, della chitarra di Filippo Gatti. Si prosegue con la nenia incantatrice di "Soffio d'angelo", dove la disperazione del distacco sublima in poesia, per poi scivolare verso la più scanzonata "Marmellata", che scatta una fotografia all'infanzia lontanta, per poi emozionare con il malinconico racconto di guerra di "Madame Satrì", storia di soldati che passano dal paradiso di un bordello livornese prima di proseguire verso l'inferno, senza ritorno, della guerra. Si prosegue con "Mia dolce anima", poesia ermetica allo stato puro, per poi aprirsi verso "Il cielo è di tutti", momento di rabbia aggraziata che affronta in maniera leggera e diretta, grazie alla citazione di una poesia di Gianni Rodari, il problema della stupidità umana. Con "Licantropi" e la conclusiva "Niente più di questo l'amore" Rondelli si ripiega nuovamente su se stesso parlando ancora d'amore, usando parole ed immagini preziose a cui i parolai moderni ci stanno disabituando. "Per amor del cielo" è qualcosa di raro, che accarezza il cuore e l'anima, ridando dignità al concetto, per molti obsoleto, di cantautorato.

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