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Di: Franz Andreani | 09/05/2007
Il 9 maggio di 29 anni fa, le BR facevano ritrovare il corpo di Aldo Moro in via Caetani a Roma, eseguendo quella che definirono una sentenza emessa dal tribunale del popolo. A 29 anni di distanza, non c’è ne giustizia ne verità, malgrado le promesse fatte all’epoca dagli stessi brigatisti: nessuno ha mai potuto leggere i verbali degli interrogatori a cui Moro fu sottoposto. Il rapimento e l’ucisione dello statista rappresentano un fatto che ha segnato la nostra democrazia a sovranità limitata più di quanto non sembri a prima vista, un mistero che la politica vorrebbe rimosso e non risolto.
Un nuovo elemento si è aggiunto in questi giorni ad una vicenda così complessa. Il signor Piecenjk – all’epoca consulente dell’allora ministro degli interni Cossiga, ora scrittore tornato a vivere negli stati uniti, personaggio che evidentemente non si sente vincolato al segreto di stato opprimente che c’è in Italia, racconta in un libro intervista uscito in Francia, di come – attraverso quello che si rivelò essere un falso comunicato delle BR nel quale veniva annunciata la morte di Moro e la sua “sepoltura” nel lago della Duchessa – erano riusciti a manipolare gli stessi brigatisti. Con quella mossa Piecenk, d’accordo con Cossiga, ottenne una vittoria strategica notevole perché spinse le BR ad uscire allo scoperto e a dettare delle condizioni che lo stato non avrebbe potuto accettare, condannando così a morte l’ostaggio.
Uno stato ferito che non riesce a perseguire i colpevoli, non vi sembra quanto meno strano? Non voglio trarre conclusioni, sento solo l’incessante bisogno di verità, ho paura che ancora una volta la verità verrà ricostruita accontentandosi della versione giudiziaria, che detto per inciso, non ha portato ad alcuna condanna.

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