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Il 9 maggio di 29 anni fa, le BR facevano ritrovare il corpo di Aldo Moro in via Caetani a Roma, eseguendo quella che definirono una sentenza emessa dal tribunale del popolo. A 29 anni di distanza, non c’è ne giustizia ne verità , malgrado le promesse fatte all’epoca dagli stessi brigatisti: nessuno ha mai potuto leggere i verbali degli interrogatori a cui Moro fu sottoposto.
Il rapimento e l’ucisione dello statista rappresentano un fatto che ha segnato la nostra democrazia a sovranità limitata più di quanto non sembri a prima vista, un mistero che la politica vorrebbe rimosso e non risolto.
Un nuovo elemento si è aggiunto in questi giorni ad una vicenda così complessa. Il signor Piecenjk – all’epoca consulente dell’allora ministro degli interni Cossiga, ora scrittore tornato a vivere negli stati uniti, personaggio che evidentemente non si sente vincolato al segreto di stato opprimente che c’è in Italia, racconta in un libro intervista uscito in Francia, di come – attraverso quello che si rivelò essere un falso comunicato delle BR nel quale veniva annunciata la morte di Moro e la sua “sepoltura†nel lago della Duchessa – erano riusciti a manipolare gli stessi brigatisti. Con quella mossa Piecenk, d’accordo con Cossiga, ottenne una vittoria strategica notevole perché spinse le BR ad uscire allo scoperto e a dettare delle condizioni che lo stato non avrebbe potuto accettare, condannando così a morte l’ostaggio.
Uno stato ferito che non riesce a perseguire i colpevoli, non vi sembra quanto meno strano?
Non voglio trarre conclusioni, sento solo l’incessante bisogno di verità , ho paura che ancora una volta la verità verrà ricostruita accontentandosi della versione giudiziaria, che detto per inciso, non ha portato ad alcuna condanna.