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Of Fungi and Foe

Di: Franca Di Roma | 16/04/2009
Ascoltando il nuovo album di Les Claypool tiro un sospiro di sollievo, perchè, in un momento in cui anche vecchie icone del rock più trasgressivo addolciscono o appiattiscono i loro suoni, c'è qualcuno che ancora pensa a dissetare la voglia di sperimentazione dei cultori di certa musica. "Of Fungi and Foe" è un album ricco di suoni estremi, da cui ogni tanto viene fuori anche un minimo di melodia, se di melodia si può parlare per chi è stato l'archetipo dell'antipop, prendendo la musica più strutturata di tutti i tempi e vivisezionandola e riassemblandola in maniera irriverente. Perchè la sensazione, con il buon Claypool, è sempre questa: lui prende qualcosa che già c'era e ne fa altro, come se fosse un fisico attento alle leggi più basilari della termodinamica secondo cui "nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma". E così questo ennesimo lavoro è una allegra passeggiata tra i suoni più variegati e i generi più disparati, durante la quale il pestifero e geniale fondatore dei Primus si diverte a mettere disordine e riordinare alla sua maniera, con riferimenti anche alla sua nuova passione per le colonne sonore dei videogiochi e al suo nuovo mestiere di visionario autore di libri. La traccia di apertura, "Mushroom Men", è proprio derivata dall'omonimo videogame per il quale Claypool ha creato la colonna sonora, dove il basso ricorda la corsa, a tratti rallentata e con relativo affanno del protagonista, da un livello all'altro del gioco e il vibrafono, altra sua nuova passione, da' il tempo, mentre una vocina impertinente sembra prendersi gioco del ritmo. Si prosegue con "Amanitas" che, insieme ad altri brani dell'album, ricorda i suoni del miglior John Zorn, per poi arrivare ad uno dei pezzi più gradevoli, se si può usare un aggettivo del genere con l'antimelodico Claypool, dell'album, con "Red State Girl", dove la sua voce irriverente si muove su suoni distorti di archi ed un ritmo cadenzato di tamburi, facendo somigliare gli strumenti ai personaggi di una vecchia fattoria bislacca dove succedono strane cose. Tracce come "Booneville Stomp"e "You can't tell errol anything" riescono a fare il verso ai suoni mistici orientali, mentre "What would sir George Martin do" è il solito racconto di uno dei tanti tizi che, dai Primus in poi, Claypool si diverte a raccontare come in una strampalata filastrocca e che i suoni ci fanno immaginare come panciuti sgraziati protagonisti di un racconto fantasy. Sicuramente il momento più atteso è nella traccia "Bite out of life", dove duetta con Eugene Hutz dei Gogol Bordello, in un flamenco punk e strampalato che suggella un'accoppiata davvero azzeccata. "Of Fungi and Foe" è un album da prendere così, come una fusion perfetta tra il sintetico mondo dei videogames, i più radicali suoni etnici e jazz e la visionaria attitudine dello scrittore. A qualcuno piace pensare che sia una sorta di canto del cigno di chi ha sperimentato anche troppo e che oltre non può andare, ma ai cultori di questa mente geniale sembra, invece, l'album in cui tutto quello che ha raccolto l'iperattivo bassista dai vari mondi in cui si è mosso si assembla alla perfezione.

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