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Carried To Dust

Di: Gianpaolo Castaldo | 14/09/2008
Lo confesso, scrivo di questo cd proprio mentre lo sto ascoltando in cuffia per la prima volta, ma conosco i Calexico dal loro primo album d'esordio, "Spoke", e per me è come parlare di amici. Dunque, a due anni esatti dal loro ultimo lavoro, "Garden Ruin" tornano a farsi sentire Joey Burns e John Convertino con il loro plurisdoganato progetto Calexico. Ma qualcosa è cambiato. Le brevi "suite" strumentali che facevano da intro o outro ai loro brani più affascinanti, sono sparite per lasciar posto ad un suono di maniera che decisamente non ha ragion d'essere. Si sono montati la testa, John e Joey? Il dubbio si fa strada perchè dai primissimi, timidi passi mossi accanto ad Howe Gelb nel progetto GIANT SAND i due musicisti hanno elaborato un suono molto originale che potrei definire "postrock/texmex/noirsurf/folk", un marchio di fabbrica tra i più convincenti del decennio, riprova ne sono album bellissimi come "Hot Rail", "Feast Of Wire" e "Aerocalexico". Il tutto condito da copertine tra le più belle mai viste nel campo del rock indipendente. Suoni ammalianti e fascinosi che fanno pensare al deserto e ai suoi abitanti, ai suoi silenzi e colori. In questo cd invece tutto lascia pensare che il timone abbia virato, che il pop abbia preso il sopravvento sulla ricerca sonora visto che questo cd è composto principalmente da brani con melodia molto "facili". Dunque un passo indietro notevole, e chi scrive ne è il primo ad esserne dispiaciuto. Dell'ultimo biennio, la cosa più bella che gli ho visto fare è il cameo musicale (notato da pochissimi, tra l'altro) nel film su Bob Dylan "I'm Not There". Troppo poco, però.

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