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The Golden Age

Di: Gianpaolo Castaldo | 11/03/2008

Un uomo la cui voce va dritta al cuore, quella di Mark Eitzel: è così da 20 anni, almeno per me, da quel magnifico "California", suo terzo album con gli AMC, disco che illuminò definitivamente i cuori di tutti i giovani adepti della setta del club di Musica Americana che già comunque ci avevano "riscaldato" con i suoni dei due dischi precedenti, The Restless Stranger e sopratutto Engine: a risentirli oggi, i dischi degli AMC, hanno ancora vivo il potere di bucarti lo stomaco da parte a parte, uscire per poi rientrare appunto "dietro la curva del cuore" e non andare più via. La melodia, certo. Questa è la base del suono di questo fantastico gruppo, sciolto e più volte ricostituito dal suo tormentato leader Mark Eitzel, voce e anima sensibile e malinconica, come la sua musica peraltro. Ma non solo. Tra "California" (ti ricordi, Franz? quel vinile lo abbiamo  letteralemente consumato insieme...) e questo "The Golden Age" passa in mezzo un fiume di suoni e di sentimenti; Eitzel ci ha regalato anche diversi albums solisti, uno più bello dell'altro (per me, "20 Watt Silver Lining" su tutti); davvero non aveva bisogno di riformare il club. Perchè lo ha fatto? Per necessità, per soldi? o che altro? Personalmente, non frega granchè. Potessi, stasera andrei a Torino a vederli nell'unica data italiana del loro tour (grrrrr...). Raramente mi spertico su un album, soprattutto in questo periodo. Ma se avete il battito predisposto ai sussulti e ai rallentamenti, questo disco fa per voi. Crepuscolare, malinconico, disperato. Come tanti di noi.    


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