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MA CHI SARANNO QUELLI?...

Di: il Bisbigliatore | 30/09/2011
… ripetevano continuamente gli increduli Butch Cassidy e Sundance Kid durante l'interminabile, estenuante fuga dopo aver compiuto l'ennesima rapina al treno; nonostante la loro abilità e le numerose astute precauzioni, “Quelli” continuavano ad inseguirli con irriducibile tenacia riuscendo a leggere ogni traccia, perfino quelle apparentemente invisibili. Avevano osato sfidare una volta di troppo il progresso, che avanzava inesorabile inglobando ogni cosa. In fondo erano solo abili, intelligenti e coraggiosi, doti troppo naturalmente umane, cioè sorpassate, per risultare vincenti nella società civile che stava muovendo passi da gigante verso il futuro…

Settembre. La vita nella città riprende i suoi ritmi consueti. Esci di casa, entri in macchina, metti in moto, ti infili nel traffico; vieni subito assalito dalla sensazione che ci sia qualcosa che non va; dov’è l’entusiasmo che ti animava nei giorni scorsi? Dove sono le brillanti aspettative che sollevavano il tuo umore facendolo sventolare come una bandiera? Eppure il giorno è appena iniziato, tutt’intorno la vita della metropoli sembra rinnovarsi frenetica dopo il letargo delle vacanze; corrono tutti, ovunque, ognuno sembra avere qualcosa di importante da fare. Tranne te. Guidi come se avessi il pilota automatico mentre milioni di pensieri si contendono il predominio nella tua testa. Ti guardi intorno senza riuscire ad osservare niente. La prima cosa che vedi veramente è un tizio in bicicletta con un gatto sdraiato sulle spalle; sembra un bizzarro essere vivente formato da due organismi legati da un cordone ombelicale, il guinzaglio che li unisce per il collo. Il tizio pedala arrancando. Ti chiedi dove possa andare uno del genere, quale possa essere il suo posto nella nuova stagione produttiva della vecchia metropoli risvegliata. Lo osservi mentre lo superi e ti sembra che lui si giri a guardarti con un’inquietante espressione sul volto che a te pare un sorriso beffardo…
... Sei un tipo in gamba, dicono; uno capace che capisce il mondo in cui vive; uno che, quando parla, gli altri lo stanno a sentire; già, gli altri chi? Guidi nel traffico in mezzo a mostruosi serpenti di plastica e di metallo, cammini tra moltitudini di corpi frenetici cercando un’ancora con cui fissare i pensieri che continuano a fluttuare vorticosi. Ti sembra di procedere per inerzia, come se non avessi un ruolo da svolgere, senza volontà, come se non avessi più alcun controllo sulla tua esistenza. Ti sembra di non riuscire più a distinguere bene le cose e le persone che incontri sul tuo cammino. Però ti accorgi subito di quell’uomo di colore che avanza barcollando, come se stesse improvvisando una danza; si inginocchia sul bordo della strada, poggiando l’orecchio sull’asfalto per ascoltare chissà cosa, come fosse un pellerossa in un vecchio film western. Poi si rialza e riprende il cammino incrociando il tuo sguardo con i suoi occhi fuori dalle orbite. Non lo credi possibile, eppure quelle due palline bianche e nere sembrano davvero entrare e uscire a comando dalla loro sede naturale, mentre ti osservano sorridenti e inquietanti. O forse sono le palpebre a scomparire e riapparire. Ad ogni modo ti sembra di essere l’unico a vederlo; credi di avere le allucinazioni se non fosse per le macchine che lo schivano suonando il clacson, senza che lui se ne preoccupi e interrompa la sua pericolosa danza ancestrale…
... Dovresti essere al lavoro, ora, se solo avessi un lavoro. Sei un libero professionista o, meglio, un libero precario ma adesso sei solo libero, fin troppo, in un gioco il cui meccanismo sembra non tollerare la libertà. Ti hanno chiamato più volte per progetti che poi, per motivi mai del tutto chiari, sono stati bloccati, rimandati, annullati. Hai bussato a tutte le porte che conosci e le hai viste chiudersi una ad una, con te fuori, senza che nessuno si preoccupasse almeno di svelarti il (reale) perchè. Eppure dicono tutti che sei uno di quelli bravi. L’immenso stormo dei pensieri continua a volteggiare ad altezze irraggiungibili mentre sei in coda al semaforo di fronte alla Biblioteca Nazionale. Un pullman di ultima generazione sforna il suo carico di turisti vocianti mentre un uomo sulla cinquantina cammina tra loro e la fila di macchine pronte a scattare al segnale verde; urla qualcosa con tutta la rabbia che ha in corpo colpendo l’aria intorno a lui con i pugni chiusi, decine di cazzotti da vecchio pugile suonato. I pochi che lo guardano sembrano non farci caso. Tu lo vedi e non riesci a staccargli gli occhi di dosso; lui se ne accorge, ti guarda mentre continua a urlare al cielo e a picchiare i suoi fantasmi e hai la sensazione che dentro la sua collera si nasconda un sorriso beffardo…
... Nel grande gioco dell’oca quotidiano continui a saltare un turno dopo l’altro, fermo sulla stessa casella ormai da chissà quanto tempo. Sei uscito dalla gabbia, come ogni giorno, illudendoti che basti far questo per riuscire a partecipare al gioco, ma i dadi sembrano truccati e continuano a dare sempre lo stesso risultato. Ancora un rosso; i semafori sono vampiri che succhiano il tempo alle persone, ma il tuo tempo, oggi, non ha valore; non hai niente da fare, non sei produttivo. L’uomo fermo sul marciapiede ha tutta l’aria d’essere un signore distinto; ben vestito, ben curato, sembra avere la morte nel cuore a giudicare dall’espressione dipinta sul suo volto. Ti chiedi perché se ne sta fermo lì, senza muoversi, senza fare nulla. Poi ti accorgi del foglietto che tiene in mano, vicino al corpo; c’è scritto sopra qualcosa, con una calligrafia microscopica, impossibile da leggere dalla strada, a meno di non essere a un metro di distanza. Allora ti accorgi che è una richiesta di aiuto, c’è scritto che ha dei figli da sfamare e prega di aiutarlo, anche con pochi spiccioli. Ti sconvolge vedere qualcuno vergognarsi di chiedere l’elemosina e, ciononostante, essere costretto a farlo. Le macchine ripartono, ignorandolo del tutto, tu vorresti dargli qualcuna delle poche monete che ti restano ma rimani ipnotizzato da quel volto straziato chiedendoti perché, adesso che anche lui ti vede, hai la sensazione che stia sorridendo…
… Ormai è sera, il telefono non ha squillato, anche oggi si sono dimenticati di te, perfino quelli che ti debbono qualcosa. Perfino gli amici. A meno che non servi loro per ravvivare una cena che non ti puoi nemmeno pagare. Loro lo sanno e ti invitano lo stesso. In genere dici di no ma ogni tanto accetti illudendoti di ingannare il senso di solitudine che senti crescere dentro. Dicono che sei brillante, che sei intelligente, che sei divertente ma non hai un lavoro, perciò non esisti, se non quando qualcuno paga il biglietto per te. Sei il loro giullare preferito. Sul lato opposto della strada una ragazza cammina da sola, in silenzio, nascondendosi nel buio della notte imminente. Quelli seduti con te a quel tavolo la guardano, per un istante, poi tornano ad abbassare gli occhi sul loro piatto. Tu la vedi e non riesci a distogliere lo sguardo; cammina lentamente, in modo strano, come se fluttuasse sospesa a mezz’aria, con gli occhiali da sole indossati nell’oscurità come uno scudo per proteggerla da chissà cosa. Lei gira la testa verso di te, senza fermarsi. Oltre le lenti nere si nascondono occhi che, giureresti, ti stanno sorridendo…
…Tornando a casa ti senti spossato, esausto, sfinito; ma è solo stanchezza mentale, con quel vortice di pensieri che non hanno smesso di agitarsi nemmeno per un attimo. Ti accorgi di non ricordare niente di quest’ennesima giornata trascorsa in stand-by, a parte quegli strani incontri. ”Ma chi saranno quelli?”, ripeti ad alta voce mentre si apre la porta ed entri in ascensore; dentro lo specchio vedi riflessa la tua immagine che, strano a dirsi, ti sta sorridendo beffarda…

IL BISBIGLIATORE


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