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TOM WOLFE: IL FALO' DELLE VANITA'

Di: Marcello Berlich | 18/07/2011
Sembra quasi uno di quegli strani tiri mancini del caso, il fatto che mi sia trovato a leggere questo libro proprio in questo momento... o forse, in qualunque momento l'avessi letto, avrei trovato delle coincidenze col 'presente': dopo tutto, certe cose alla fine non cambiano.
Siamo in piena era reaganiana; Sherman McCoy è un 'vincente', uno di quelli che lui chiama 'I Padroni dell'Universo': buona famiglia, buoni studi, un eccellente lavoro nel quale sta cavalcando la cresta dell'onda, essendo tra gli uomini di punta di un'importante agenzia di brokeraggio, un lussuosissimo appartamento in Park Avenue dove vive con moglie e figlia. Come si conviene a una persona del suo rango, anche una giovane e bella amante.
Eppure... eppure basta un momento di distrazione, saltare l'uscita giusta in autostrada e ritrovarsi nel Bronx, come avviene a Sherman proprio in occasione di uno degli incontri clandestini con la sua amante: bastata il fortuito incontro con due ragazzi 'del luogo', che ovviamente il razzismo atavico di McCoy induce subito a bollare come criminali, facendosi prendere dal panico e investendone inavvertitamente uno.
Sherman e la sua accompagnatrice decidono di tacere, per non avere grane e (forse, soprattutto), per evitare che la loro relazione divenga pubblica... ma il destino, anzi, la politica, ci mettono lo zampino. In una New York in cui le disparità economiche e sociali hanno raggiunto il limite basta poco a far diventare un 'caso politico' un apparentemente banale episodio di pirateria stradale... un predicatore nero, intuendo l'occasione di lanciare la propria carriera politica, monta il caso; un procuratore distrettuale alla ricerca della riconferma non può fare altro che dare un seguito alla vicenda, cercando il colpevole, e un giornalista che annuna lo scoop ci mette del suo.
McCoy scende così rapidamente dalle stelle alle stalle, vivendo sulla sua pelle l'immensa ipocrisia imperante nella sua 'classe di appartenenza' (prima quasi del tutto ignorato dai suoi 'pari', l'esperienza di qualche ora di carcere lo fa assurgere ad uno status superiore, avendo finalmente 'qualcosa da raccontare'); mentre Sherman si rende rapidamente conto dell'insufficienza delle sue ricchezze (prima apparentemente sconfinate) per il pagamento delle spese di difesa e processuali, si avvia il classico meccanismo del 'romanzo giudiziario', con avvocati, testimoni a sorpresa, artifizi vari, fino a una lunga sequenza finale che lo vede finalmente riappropriarsi della propria identità, ormai spogiata di ogni futile ricchezza, e di una postilla che ce lo farà ritrovare cambiato, impoverito ma pronto a dare battaglia.
A tre decenni buoni dall'avvio dell'epoca reaganiana, è difficile non vedere nel personaggio di McCoy una sorta di anticipazione del presente: se all'epoca il protagonista del "Falò delle Vanità" è un uomo in piena ascesa, oggi lo si immaginerebbe alle soglie dei 70 a manovrare dall'alto del suo ufficio le odierne speculazioni finanziarie... se non fosse arrivato il destino a cambiare le carte in tavola... (e forse, se al posto di un incidente stradale ci mettessimo un modo fin troppo disinvolto di dirigere gli affari, o relazioni sessuali un pò troppo libere, McCoy assumerebbe le sembianze di un Maddoff o di uno Strauss Khan).
Al di là dell'efficace descrizione e dell'America 'rampante' dei primi 'anni 80, con la sua galleria di personaggi che si muovono tutti all'insegna del desiderio incontrollato di affermazione sociale (sia essa risultato del proprio reddito annuo, delle posizioni di potere raggiunte, dell'ascesa nell'empireo del mondo dell'informazione), quello che stupisce è come così poco diverse le cose sembrino essere a trent'anni di distanza.
La finanza speculativa, il 'far soldi per fare soldi' sono sempre più affermati, così come lo sono le differenze tra ricchi e poveri... forse a essere mutato è solo il fatto che al conflitto 'bianchi ricchi - neri poveri' si è sostituito quello tra (tanti) bianchi e (pochi) neri ricchi e bianchi e neri (troppi in entrambi i casi) poveri.
Il mondo è certo cambiato, la velocità in cui il caso scoppierebbe ai giorni nostri sarebbe molto più elevata, grazie alla rapidità delle comunicazioni, ma i profili dei protagonisti calzerebbero a pennello a molti protagonisti del mondo odierno.
Primo opera di narrativa di Wolfe (dopo vari saggi e opere di taglio giornalistico, tra cui The Electric Kool-Aid Acid Test, che narra la storia di Ken Kesey e dei suoi Merry Pranksters), portato qualche anno dopo sul grande schermo da Brian de Palma con Tom Hanks, Melanie Griffith e Bruce Willis come protagonisti, "Il falò delle vanità" merita di essere letto ancora oggi nel suo essere tremendamente attuale... il che può probabilmente destare oltre all'impressione anche una certa dose di disincanto e arrabbiatura.

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