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L'ADESCAMENTO

Di: Gianluca Cicinelli | 30/05/2011
Iniziò a guardarsi attorno già subito dopo l’atterraggio. La ragazza accanto a lui gli fece segno di moderare la stizza, fin troppo evidente. A causa del maltempo, oltre a venti minuti accumulati di ritardo, era cambiata anche la pista d’atterraggio. Tutte ore sprecate, pensava Giulio. Mentalmente lodò con scherno la propria inutile furbizia. Perché aveva pensato di fregare la Finanza e i suoi cani prendendo l’aereo da Bruxelles e non da Amsterdam. Quindi dalla capitale olandese si era fatto quattro ore di treno fino in Belgio. E poi l’aereo verso Roma Fiumicino, il maltempo e la scelta obbligata per il pilota vallone di atterrare sulla stessa pista della compagnia di bandiera olandese, che equivaleva a passare per la stessa porta d’accesso dei passeggeri provenienti da Amsterdam. Tutti possibili sospetti nella mente contorta e prevenuta di un finanziere. Se da Venezia riporti la gondola in miniatura, da Amsterdam che tipo di fumo riporti? Non lo sai che in Italia é vietato? E si che lo so, continuava a ripetersi Giulio, che proprio non voleva saperne di separarsi da quel serenol vegetale chiamato Supersmile dal brother che glielo aveva venduto. Perché si chiama supersmile, aveva chiesto perplesso al ragazzo nero? Che aveva risposto buttando fuori il fumo dalle narici e scoppiando a ridere come uno scemo che più scemo non si può. Ecco perché si chiama supersmile. Troppo buono e caldo e resinoso per abbandonarlo alla critica sterile dell’inceneritore pubblico o, peggio, nelle mani di un infedele servitore dello stato che magari neanche lo fumava ma se lo rivendeva.
“Abbiamo un piano B”, annunciò Giulio a Monica che lo guardava timorosa di un raptus di follia qualsiasi pur di difendere il fumo. “E se lo lasciassimo qui?” provò timida a chiedere lei, chinando subito dopo il capo come ad aspettare il ceffone che però non venne. Anche lui rifletteva sulla convenienza o meno di abbandonare la lotta. Poi si sentì sicuro, quasi costretto a procedere con il piano B. Guardò Monica con la faccia di quello che: “Andrà tutto bene ragazza!” Ma lei non era tranquilla per niente. Anzi era sfiorata da un malessere generale mentre si avviava alla discesa della scaletta.
Dopo di lei sbucò Giulio che diede uno sguardo intorno ad occhi socchiusi, con la faccia di uno che stesse verificando se i trecento cecchini predisposti in precedenza fossero pronti intorno al gate aeroportuale. Si ricordò improvvisamente, però buono quel fumo, di essere un fesso qualsiasi e scese la scaletta iniziando ad avere paura sul come affrontare la Finanza. Inoltre c’era una cosa che non aveva mai confessato né a Monica né a nessuno. Temeva i cani e la loro pazzia. Da piccolo aveva assistito al ferimento del cugino ad opera di un cane. Una serie infinita di iniezioni sull’addome era seguito a quel morso. Da allora non sopportava nemmeno quegli pseudo documentari civici sulla preparazione dei cani antidroga. Vedere i denti dei cani poliziotto gli metteva paura. Ma quel fumo era troppo buono per buttarlo. Con questo spirito combattente si avviò a giocare la partita.
Il bus navetta arrivò raccogliendo i passeggeri del volo da Bruxelles e li accompagnò fin davanti le porte d’ingresso doganali. L’agitazione aveva abbandonato Giulio che continuava a compiere strane manovre tra sé e i suoi vestiti. Indossava un impermeabile sopra un maglione verde da cui spuntava una camicia bianca, con il colletto alto. Blue Jeans neri e anfibi neri sporchi ai piedi, una piccola valigia portata a mano, si avviò verso la sorte. I due finanzieri erano disposti ognuno a un lato della porta riservata ai passeggeri dell’Unione Europea. Dietro quello sulla destra stava soavemente seduto quel maledetto tossico del cane. Fu questione di tre secondi. Al primo varcò la soglia sorridendo al finanziere di sinistra. Al secondo sentì il cane che da dietro gli trotterellava raggiungendolo in modo molto professionale nonostante sbavasse, al terzo il cane gli si affiancò sulla destra senza impedirgli i movimenti e partì il richiamo del militare: "Torni indietro per favore".
Lo fece senza rallentare e affrontò il destino, mentre Monica non aveva ancora osato fare un passo dentro l’area doganale e restava lì ad aspettarlo. "Il cane ha rilevato che lei porta con sé stupefacenti", gli fece osservare con molta cortesia il finanziere più giovane dei due. Giulio non si smontò e tirò fuori I documenti. Tra questi fece scivolare il tesserino dell’ordine degli avvocati che faceva sempre la sua bella impressione sugli uomini di legge.
"Guardi - iniziò a spiegare con la medesima cortesia - il cane al massimo può aver sentito sulle mie dita l’odore della canna che mi sono fatto prima di partire da Bruxelles".
"Quindi lei fuma?" chiese un po’ sorpreso dall’ammissione il militare.
"Certo che fumo e mi vergogno che una legge stupida costringa anche lei a trattare da stupido uno che le sta dicendo che si fa le canne e continuerà a farsele insieme a qualche milione di persone".
"Mi stia a sentire - replicò dopo qualche secondo il finanziere più anziano che aveva cominciato a capire la situazione - a noi non interessa sapere quello che lei fa, c’é una legge e la dobbiamo far rispettare; se lei mi consegna ciò che ha addosso in questo momento l’incidente finisce qui perché ancora non siamo in pieno territorio italiano, altrimenti ci deve seguire e la devo far spogliare per consegnarci tutto".
"Senta - rispose Giulio senza scomporsi - é solo per educazione - e si passò le dita sotto al proprio naso - che non le faccio sentire l’odore di polline che ho sulle mani. Mi sono fatto una canna a Bruxelles, di ottima qualità sottolineo, e questo é l’odore che ha sentito il cane. Se volete mi portate nei vostri uffici e mi perquisite; perderete un’ora voi e un’ora io e ce la potremmo risparmiare. Se volete – continuò - non c’é alcun problema tranne quello che farò un chiasso terribile appena esco di qui, perché quando non mi troverete nulla e dovrete rilasciarmi tutto il mondo dovrà sapere che se ti fai una canna a un migliaio di chilometri la finanza italiana ti fa spogliare nudo nei suoi uffici aeroportuali per sport. Fate quello che ritenete giusto ma sappiate che possiamo evitarci tutti una perdita di tempo".
I finanzieri lo guardavano sconcertati da tanta faccia tosta. Non sapendo che pesci prendere il più giovane chiese se la ragazza era con lui.
"Si", rispose Monica avanzando di un passo con I documenti in mano. "Fuma anche lei?" chiese il militare.
"Quello che fa la signorina non la riguarda - intervenne Giulio temendo un crollo di Monica - del resto lo ha detto lei stesso. O ci contestate un’ipotesi di reato o ci salutiamo qui", finì deciso. Silenzio.
Il giovane finanziere attendeva disposizioni dal superiore, in evidente imbarazzo. Anche loro si guardavano intorno per vedere se qualcuno per caso si fosse accorto di quell’incresciosa situazione e del suo stallo. In tutto questo il cane assunse la faccia di chi guarda tutti dall’alto di una tranquillità dovuta ad almeno cinque cannoni d’erba calabrese. Seduto sul proprio sedere aveva riassunto la posizione in cui l’aveva trovato Giulio e se ne fregava di lui e dei finanzieri. Il più anziano dei militari si fece violenza e controvoglia ripeté: "Glielo chiedo per l’ultima volta, se ha stupefacenti con sé ce li consegni e finisce tutto qui".
"E io le ripeto - replicò Giulio cocciuto - che non finisce affatto qui perché non ho niente da darle, mi sembra di essere stato fin troppo sincero a spiegarle cosa ha sentito il cane". Ma era troppo semplice. Giulio era quasi dispiaciuto di aver trovato due tipi tranquilli. Avrebbe preferito avere a che fare con quei duri da operetta che spesso pensano di essere un Clint Eastwood momentaneamento assegnato alla finanza italiana. La cattiveria gli sarebbe venuta naturale, ma quei due con I loro modi educati e rispettosi lo mettevano in difficoltà, spiazzandolo. Fu tentato quasi di ricambiare la correttezza dei militari ma ormai si era spinto troppo in là. I due finanzieri intanto stavano riguardando I documenti.
"Lei é avvocato?" chiese il giovane guardando la foto sul tesserino professionale e poi l’orecchino a forma di serpente che Giulio portava all’orecchio destro.
"Si sono avvocato, e conosco bene la legge" insinuò Giulio con un po’ di alterigia che mascherava imbarazzo. L’anziano intanto stava verificando I dati dei documenti parlando con qualcuno tramite una radio, poco distante dal gate di Fiumicino dove si trovavano in quel momento.
"I documenti sono a posto - annunciò restituendoli a Monica e a Giulio – ma dobbiamo fare il nostro lavoro. Se lei non vuole perdere tempo ci dia quello che ha e facciamola finita".
Giulio pensò che doveva traccheggiare ancora cinque minuti.
"Allora mi faccia capire – cominciò a dire con voce più alta – mettiamo che io vado ad Amsterdam e in un coffeeshop dove tutti si fanno le canne prendo solo un caffé. Quando uscirò sarò totalmente impuzzolito di hashish. Prendo l’aereo, arrivo qui e il cane si respira circa venti canne che altri si sono fatti e io mi devo spogliare nel vostro ufficio? E’ così? Forse c’é qualcosa da rivedere nell’addestramento di queste bestiole".
Qualche passeggero in attesa dei bagagli si era nel frattempo avvicinato per perdere tempo. Cosa che dava un po’ fastidio ai finanzieri. E Giulio continuava: "Oppure siete voi che date l’imput al cane quando vedete qualcuno con I capelli lunghi e l’orecchino, fisionomia che nel vostro addestramento viene di certo attribuita a elementi tossicodipendenti? Insomma ma che modo é di trattare cittadini incensurati? Io credo che siate imbarazzati anche voi. Apprezzo la vostra cortesia che però rimane solo formale. Credo che dovreste lasciarci andare via".
"Noi stiamo solo applicando il regolamento – cercò di tagliare corto l’anziano – mi sembra che siamo stati fin troppo tolleranti. Adesso basta però. A dimostrazione che non vogliamo accanirci le ripeto la mia offerta e le do la mia parola che la rispetterò. Se lei ha dell’hashish e ce lo da qui, subito, ci salutiamo. Altrimenti sono costretto ad accompagnarla nei nostri uffici per una perquisizione completa, immediatamente".
Giulio allora chinò il capo. Si tolse dalla spalla lo zainetto con le minuzzaglie da viaggio, dalle penne alle forbicette per le unghie, e lo posò in terra.
"Voglio credere alla sua buona fede", disse rivolto al finanziere anziano. Rovistò dentro allo zainetto, prese un pacchetto di sigarette già iniziato e si rialzò. Poi dinanzi al finanziere di primo pelo lo svuotò della decina di bionde che ancora conteneva e ne estrasse una palletta di fumo avvolta nel cellophane, più o meno un paio di canne. Rimise le sigarette nel pacchetto e consegnò il tocchetto al finanziere anziano.
"E adesso voglio proprio vedere se mantiene la parola" esclamò guardando in faccia il militare che afferrava il fumo con un sorriso di soddisfazione dipinto sul viso.
"Giovanotto, io ho 58 anni e sto per andare in pensione. Faccio il mio lavoro con onestà e cerco di aiutare I cittadini perché la legge é uguale per tutti. Ho sempre fatto così e non cambierò certo oggi per lei. Se ne vada e non provi più a prenderci in giro".
Il militare girò rapido su se stesso e tenne fede alla parola lasciando liberi di andarsene Giulio e Monica che restavano però ancora fermi.
"Peccato – fece Giulio al giovane finanziere, rimasto anch’egli fermo – era davvero molto buono".
La fiamma gialla lo guardò un po’ confuso come a dire “ E io che ti posso fare?”, poi seguì il collega di più lungo servizio nell’ufficio, mentre altri due finanzieri prendevano il loro posto a guardia della dogana.
Giulio, mostrando la faccia ancora dispiaciuta per la grave perdita alla qualità della serata che lo attendeva prese la mano di Monica, che non avrebbe mai creduto se non l’avesse visto coi suoi occhi che Giulio era stato per una volta così ragionevole e tranquillo, e insieme si avviarono verso l’uscita dell’aereoporto.
Ma camminavano piano, perché Giulio zoppicava leggermente ad ogni passo e cercava di evitare di mostrarlo troppo.
Perchè d’altronde non é facile, proprio per nessuno, camminare normalmente con mezz’etto di Skunk in un anfibio e mezz’etto di Supermile nell’altro.

Ps Era il mio ultimo appuntamento con questo blog. Un'isola importante di libertà di opinione e buon gusto, di qualità per dirla tutta. Però posso rivelarvi con il gusto del bambino che indica il re nudo, che fin qui vi hanno ingannato
. Franz Andreani non esiste, qualcuno doveva dirvelo, è solo una minaccia evocata da alcuni quando i dj non registrano il podcast programmato, allora uno gli dice: guarda che adesso chiamo Franz Andreani!!! Così quelli, spauriti, riprendono a mettere i dischi.
Perchè, siamo naturalmente nell'era digitale, ma a me me piacciono ancora i dischi. Ed è anche per questo, perchè questo blog è fatto di persone che gli piacciono i dischi, e gli piace comunicare la musica attraverso dei percorsi, mai banali, per aver avuto il piacere di collaborare con queste persone che mi dispiace molto di non avere più tempo per continuare. Per il momento.

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