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HABEMUS PAPAM

Di: Marcello Berlich | 11/05/2011
Riuscire a scrivere due parole originali su un film uscito quasi un mese fa, del quale si sapeva tutto o quasi già qualche giorno prima dell'uscita è impresa improba... forse si fa miglior figura migliore a fingere che il film si appena uscito, anche se si sconfinerebbe nella comicità involontaria.
Comunque: come anche i sassi ormai sanno, "Habemus Papam" ci narra di come un pontefice appena eletto venga colto da un crisi di panico, non passeggera ma segno di un malessere più profondo, che lo condurrà a fuggire dagli angusti corridoi del Vaticano, per tornare a una parvenza di 'vita normale' e prendere così atto della propria inadeguatezza al ruolo per cui è stato scelto.
Nel frattempo, uno psicanalista inizialmente convocato per curare il nuovo pontefice si trova suo malgrado imprigionato in quelle stesse stanze, cercando di instaurare un rapporto umano con gli altri cardinali, anche loro lì reclusi.
Nel suo nuovo film di Nanni Moretti, dopo aver la genesi del 'Caimano' e la deriva dell'Italia, torna alle tematiche su abituali, quelle del dubbio e delle certezze messe in crisi: il papa e lo psicanalista di "Habemus Papam' arricchiscono così una galleria nella quale rientrano, ovviamente, il prete de "La messa è finita", ma anche il protagonista di "Palombella rossa" e il padre de "La stanza del figlio": tutti personaggi le cui maggiori sicurezze vengono improvvisamente scosse dalle fondamenta.
Ovviamente il personaggio attorno a cui ruota tutta la vicenda è il Papa, e il gioco di mostrare tutta la fragilità di uno dei personaggi più potenti della terra, mostrandone gli aspetti più initimamente umani è fin troppo scoperto, ma dall'altra parte vi è anche l'analista, il quale di fronte alla fuga del suo paziente, che ne sancisce fondamentalmente il fallimento (rispetto alla sua bravura, fino a quel momento riconosciuta da tutti), si imbarca nell'impresa di far uscire dal guscio del proprio ruolo i cardinali, coinvolgendoli in chiacchierate sulle 'quote' attribuitegli dai bookmakers alla vigilia del conclave, o in un torneo di pallavolo, dal quale si fanno prima coinvolgere, per poi tornare a vestire il proprio ruolo, sancendo quindi un ulteriore fallimento professionale.
Fragilità umana anche quella degli stessi cardinali che durante il conclave intonano quasi in coro una preghiera per non essere eletti, e che finiscono per comportarsi quasi come bambini durante un compito in classe, che colgono l'occasione di evadere dal proprio ruolo con quel torneo, ma altrettanto repentinamente pronti a 'rientrare nei ranghi' della 'missione' cui sono stati destinati.
Moretti ci racconta tutto questo nei suoi modi consueti, senza risparmiarci la sua proverbiale ironia, inserendo quegli strani momenti di non-sense che spesso ritornano nei suoi film, coadiuvato, soprattutto dall'interpretazione intensissima di un Michelle Piccoli che recitando in italiano rende più che mai plausibile il personaggio di un insicuro Papa straniero che gira per le vie di Roma. Insieme a lui, il 'coro' dei cardinali, guidato da storici caratteristi del cinema italiano come Renato Scarpa o Camillo Milli, il cameo di Margherita Buy e lo stesso Moretti, che però in questo film appare forse gigioneggiare un pò troppo, fare un pò il verso a sé stesso dando al pubblico ciò che questo si aspetta, tanto da far chiedere se non sarebbe stato forse il caso di far interpretare a qualcun altro anche il suo ruolo.
Al di là di questo, comunque, "Habemus Papam" resta un altro, riuscitissimo, capitolo della cinematografia morettiana: chi pensava che col Caimano Moretti avesse dato prova di non avere più idee, si è dovuto ricredere.

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