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FACEBOOK, TRA 'OPPORTUNITA'' E CENSURA

Di: Marcello Berlich | 26/10/2009
La vicenda del gruppo 'Uccidiamo Berlusconi' ha ancora una volta portato alla ribalta la questione della libertà di espressione sulla Rete, mescolata ai problemi dell'opportunità di certe iniziative a quello della censura. Il principio è, o dovrebbe rimanere, quello della massima libertà di espressione in Rete, su questo siamo tutti d'accordo. Insomma, se c'è gente che può in maniera più o meno indisturbata continuare a propagandare la negazione dell'Olocausto, si potrà pure essere liberi di dire 'ammazziamo Tizio, Caio o Sempronio', o di chiedersi, come ha fatto un esponente del PD qualche tempo addietro, come mai nessuno abbia ancora sparato al Presidente del Consiglio... Sono esempi ben diversi che nulla hanno a che fare l'uno con l'altro, ma proprio per questo sono utili a disegnare il modello di libertà di espressione che gli utenti della Rete chiedono: prima o poi ci si imbatterà in qualcosa di oltremodo sgradito, ma se uno difende la libertà di espressione, bisogna difenderla anche nel caso in cui si dicono delle sonore idiozie... Fin qui, il principio: la questione è che poi c'è un codice penale, e allora l'apologia del fascismo è un reato, così come lo è l'istigazione a delinquere. Certo, chiunque frequenti Facebook sa benissimo che il gruppo 'Uccidiamo Berlusconi' aveva un senso del tutto ironico, per quanto macabro e probabilmente di cattivo gusto; il rovescio della medaglia è che 'la madre dei cretini è sempre incinta'. Non voglio dire che quel gruppo rappresentasseun'istigazione a prendere di mira Berlusconi, tuttavia di gente esasperata in giro ce n'è tanta. Personalmente qualche mese fa sono capitato in mezzo a una delle 'uscite pubbliche improvvisate del Presidente del Consiglio': nessun corso sperticato, nessuna offesa grave, la maggior parte della gente lo guardava in realtà con un'aria incredula, da 'è proprio lui?' come quando si assiste a qualche evento insolito. In quell'occasione se qualcuno avesse avuto la prontezza di spirito di tirargli una scarpa, nessuno avrebbe potuto impedirglielo, d'altronde ricordiamo tutti che qualche anno fa qualcuno in occasione di una di queste passeggiate la prontezza di spirito di lanciargli qualcosa in testa l'ha avuta eccome. Insomma, il discorso è che sicuramente certi gruppi sono innocui dal punto di vista di eventuali minacce alla sicurezza del Premier, tuttavia una piccola percentuale di 'non si può mai dire' resta. Certo anche una seria valutazione di certi rischi crolla miseramente di fronte alle reazioni smisurate dei Ministri Maroni e Alfano, che oltre alla chiusura del suddetto gruppo ricorrono (almeno secondo le intenzioni) alla denuncia di coloro che vi hanno preso parte. Ora, quel gruppo al momento dell'esplosione della vicenda contava una decina di migliaia di iscritti: il numero di coloro che sono in effetti intervenuti ammontava a qualche centinaio. La domanda è: ma la polizia ha davvero tutto 'sto tempo da perdere per perseguire gente che ha scritto due righe, in gran parte con intenti sarcastici? Più serio sarebbe stato da parte loro stigmatizzare l'iniziativa, ricordare che incitare alla violenza è un reato, etc... Tutto questo poi tenendo conto che, solo rimanendo nell'ambito di Facebook, l'elenco di coloro che teoricamente dovrebbero temere per la propria incolumità include svariate decine di personalità di politica, sport, spettacolo, etc... Il problema è che sappiamo tutti come vanno le cose da noi, e come certe questioni, soprattutto quelle legate a Internet vengono presentate a una stragrande maggioranza degli italiani che Internet la conosce ancora poco o per nulla. Non dico che ci si debba autocensurare, ma forse sarebbe opportuno evitare di lanciare iniziative il cui unico risultato alla fine è quello di dare ai 'soliti noti' una nuova pezza di appoggio per i loro teoremi sulla necessità di controllare ed eventualmente sanzionate tutto e tutti coloro che passano per la Rete. Autocensura no, un minimo di 'furbizia' magari si.

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