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Roma09 e il volontariato nei grandi eventi

Di: Marcello Berlich | 27/07/2009
Negli ultimi 10 - 15 anni il volontariato ha vissuto una crescita esponenziale, con un aumento costante di coloro che dedicano parte del loro tempo a titolo gratuito a varie attività, spesso ad associazioni senza scopo di lucro, magari per assistere (anche solo sul piano morale) anziani, malati, indigenti... La stragrande maggioranza di chi lo fa è mosso da nobili motivi (ne abbiamo avuto un esempio anche recentemente con la Protezione Civile a L'Aquila) ma non credo di sbagliare di molto affermando che il volontariato a volte assume i contorni di una moda, di un fare certe cose per 'riempirsi il tempo'. Parallelamente si è però affermato anche un altro tipo di volontariato, legato ai 'grandi eventi', e se la definizione di 'volontariato' resta la stessa, ben diversi ne sono profili e conseguenze. Qui a Roma ne abbiamo avuto il primo esempio importante in occasione del Giubileo del 2000, tutti ricordiamo i volontari in pettorina che aiutavano a dirigere i flussi dei pellegrini in occasione dei grandi raduni, o li fornivano di 'beni di conforto'. Ad avvalersi dell'opera dei volontari sono però state negli ultimi soprattutto le manifestazioni sportive: li abbiamo visti con le loro divise e le loro facce sorridenti, a Torino 2006, come a Pechino l'anno scorso (anche se in quel caso resta il dubbio, se fossero realmente 'volontari' o non fossero piuttosto 'cooptati'...). La stessa cosa è successa per i Mondiali di Nuoto in corso a Roma: nell'occasione anche io sono entrato nella categoria, con molto entusiasmo all'inizio, poi affievolitosi di fronte ai tanti problemi organizzativi di cui ho precedentemente parlato. Ebbene, per capire il fenomeno e le sue implicazioni, partiamo dai numeri: a Roma09 i volontari sono una delle tre 'grandi categorie': ci sono i 2500 atleti, i circa 2000 giornalisti, e poi appunto i volontari, trai 2000 e i 2500. Cosa fanno i volontari? Di tutto: si va dal parcheggiatore all'autista, dal controllo accrediti a chi deve guidare le squadre nei trasferimenti pullman - strutture a chi 'assiste' i giornalisti, o i cronometristi. Diciamocela tutta: la realtà è che tra coloro che operano nella struttura dei Mondiali, quelli che prestano un'opera retribuita costituiscono una minoranza rispetto ai volontari non pagati. Anche se i primi arrivassero a un migliaio, (cosa che non credo) sarebbero comunque pari alla metà dei secondi. Veniamo ai 'conti della serva': gli atleti ovviamente vengono pagati da sponsor e federazioni; i giornalisti dalle loro testate; i volontari, in quanto volontari non ricevono nulla (al di là di qualche 'benefit'). Sul piano delle spese 'indirette', il discorso è analogo: certo, c'è una convenzione con l'ATAC e il COTRAL per i mezzi gratuiti (ma ci sarà stata una contropartita economica?). I pasti distribuiti credo siano anch'essi oggetto di convenzione nell'ambito dell'appalto dei servizi di ristorazione della manifestazione. Le divise le offre uno degli sponsor. Tirando le somme, dunque, l'organizzazione dei Mondiali si avvale di gran parte del personale grazie al quale funziona la struttura a costo zero, o quasi. Pensate se a circa 2.000 persone avessero dovuto corrispondere una cifra anche simbolica: già 100 euro a testa avrebbero siginificato un esborso aggiuntivo di 200.000 euro, il che sarebbe equivalso alla bancarotta. Veniamo alle caratteristiche dell'attività: il volontariato ai Mondiali di Nuoto è in realtà un 'ibrido': per certi versi si configura come un'attività lavorativa vera e propria: si è dovuta garantire ad esempio una presenza per un numero minimo di giorni, articolata su turni di otto ore. Qualcuno potrà obbiettare che nulla è imposto, ed è vero, ma qui entra in ballo il 'fattore psicologico': dopo che uno si è preso l'impegno, fatica a compiere dei passi indietro. Quello che però è interessante notare, è la 'strategia di marketing' adottata per invogliare le persone a partecipare, una strategia a cavallo tra metodi 'fini' e qualche fraintendimento (credo in buona parte voluto). Si comincia dal nome: i 'volontari' diventano 'friends', come se il primo termine fosse troppo 'impegnativo'... facciamo tutto in 'amicizia'. Poi c'è il discorso dei benefit, a partire dai biglietti. All'inizio viene detto: col vostro accredito, fuori dai turni, potrete andare dove volete. In seguito si scopre invece che per molti la possibilità di assistere alle gare è legata a una procedura 'burocratica' attraverso la quale si ha diritto a un solo biglietto al giorno, per una sola gara. Non mi dilungo, ma il risultato di questa situazione è una ridotta possibilità per i volontari (a meno che non lavorino a bordo vasca, o che entrino 'di straforo' negli impianti) di assistere alle gare. Capisco che una possibilità indiscriminata avrebbe comportato dei problemi, ma allora sarebbe stato bene essere chiari fin da subito. Agli altri 'benefit' ho già accennato: tessera per i trasporti e pasto sono degli elementi di base, senza i quali credo che pochi sarebbero disposti a cooperare, eppure sui pasti si è stati molto attenti a ridursi al minimo - attenzione questo discorso però riguarda anche chi viene pagato. Delle divise, con tutti i problemi concernenti l'inadeguatezza delle misure, ho parlato nella puntata precedente. Il volontariato nei 'grandi eventi' differisce insomma da quello 'per solidarietà' innanzitutto nel fatto che nel secondo si presta la propria opera in un'organizzazione per il beneficio di terzi; nel secondo, il beneficio va direttamente all'organizzazione. Un beneficio, abbiamo visto, squisitamente economico, nel quale a fronte di un risparmio enorme, la suddetta organizzazione punta a ridurre al minimo le spese. Qualcuno ha parlato di 'sfruttamento', ma forse è un termine troppo forte, qui nessuno in fondo obbliga nessuno. La situazione è più sfumata: in pratica l'attività di volontario viene presentata come un prodotto, attraverso un'attenta strategia di presentazione, che passa per l'esaltazione dei pregi e la minimizzazione dei difetti (come avviene per qualsiasi altro prodotto). A quanto mi risulta, in questo caso non è andata manco troppo bene: i ritiri anticipati sono stati tanti, oltre il livello fisiologico di questi casi: molti di fronte a certe carenze organizzative e di comunicazione hanno 'passato'. Secondo notizie degli ultimi giorni, il numero di volontari 'attivi' sarebbe dtrasticamente calato (a circa la metà), a seguito di una valanga di ritiri specie nelle posizioni più disagiate, sostituiti, pare, con personale remunerato. Nonostante questo ci sono ancora circa 1300 persone, che come me hanno (per il momento...) deciso di tenere fede agli impegni presi, nonostante l'indubbia sensazione di essere stati coinvolti in un meccanismo in cui il guadagno derivante all'organizzazione dall'uso dei volontari è fin troppo sbilanciato rispetto alle opportunità (anche sotto il profilo del 'fare esperienza') e i benefici dati ai tanto sbandierati 'Friends'. La considerazione conclusiva è che in una società in cui il precariato lavorativo è sempre più una consuetudine, gli organizzatori dei grandi eventi sono andati oltre, riuscendo ad avvalersi di forza lavoro completamente gratuita.

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