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PIZZA AUTARCHICA?

Di: Marcello Berlich | 29/06/2009
La moda ha preso molto piede, ultimamente: sempre più spesso, le tradizionali pizzerie al taglio diversificano l'offerta, vendendo anche il Kebab; o meglio, più frequentemente accade il contrario: del resto, vista l'internazionalità della pizza è molto più probabile che un cittadino nordafricano sappia preparla, piuttosto che un italiano si cimenti col kebab. Comunque. La stessa cosa è successa in una delle pizzerie al taglio vicino casa mia: per qualche mese a gestirla sono stati dei nordafricani (suppongo). Poi, come spesso succede nel settore, è cambiata di nuovo la gestione. In questi casi è molto frequente comunicare l'evento con un bel cartello. Il fatto è che stavolta, su un bello striscione rosso, in caratteri bianchi era scritto: ""Nuova gestione", e sotto, in carattere un pò più grande: "Italiana". La prima considerazione è la più ovvia: il nuovo proprietario ha voluto sottolineare l'italianità della pizza, implicitamente affermando: "gli arabi se ne sò annati, mò semo arrivati noi, che la pizza la sapemo fa...". Concetto peraltro abbastanza superato, visto e considerato che se all'Italia resta comunque il primato dell'invenzione, quello della preparazione è ampiamente perso: credo ci si stupirebbe di quanti pizzaioli stranieri lavorano nei nostri ristoranti, senza ricordare le ricorrenti 'competizioni' internazionali, che vedono la partecipazioni di contendenti dalla provenienza più svariata. Poi c'è un messaggio ancora più esteso, che parte dal ristretto prodotto - la pizza - coinvolgendo prima tutto l'ambito alimentare (pizza italiana= noi mangiamo come tutti e quindi sappiamo come cucinare) e che poi in senso lato si estende ad altri ambiti: gestione italiana: dalla cucina alla lingua, alle usanze, e magari pure alla religione, il passo non è poi così breve. E qui finisce la considerazione più immediata, ma ce n'è una seconda, più sottile. Lo striscione che comunica la 'nuova gestione' è uno strumento di marketing: certo un marketing più 'istintivo', che magari non passa per attente analisi di mercato, ma che è comunque basato sulla conoscenza del consumatore finale. Allora la domanda è: perché il nuovo gestore della pizzeria al taglio ha pensato che sottolineare l'italianità fosse un marcia in più? Perché non ha scritto - ad esempio - 'ricetta tradizionale', o 'tutti ingredienti freschi', insomma perché non ha puntato a valorizzare il prodotto, ma a sottolineare la propria italianità, cosa che a ben vedere con la qualità degli alimenti c'entra poco (come scrivevo sopra, che gli italiani siano i migliori pizzaioli del mondo non è più un'affermazione che possa essere accettata senza eccezioni)? Probabilmente, se fossimo stati in America, o in Cina, sottolineare l'italianità della gestione avrebbe avuto un senso: ma qui siamo in Italia, che i pizzaioli siano italiani è ancora più o meno la norma: allora perché sottolinearlo? Sembra una questione di poco conto, ma se presa nell'ottica dell'attuale società italiana, dove volenti o nolenti si sono diffuse forme di razzismo strisciante, frutto o della sottovalutazione di certi problemi, o della diffusione calcolata di una sorta di 'sindrome da accerchiamento', assume risvolti più sinistri. Possibile che siamo già a questo punto, che l'italianità del preparatore si affermi come un elemento discriminante nella percezione della qualità della pizza, a scapito di altri, e ben più importanti fattori (qualità degli ingredienti, modalità di preparazione, igiene del locale, etc...)? Possibile che chi apre una pizzeria pensi che a chi la mangia non interessi - per esempio - se la base sia surgelata o meno, ma se il cuoco sia italiano o no? Più ci rifletto, più 'sta cosa mi dà da pensare...

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