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Gli dei se ne vanno, gli arrabbiati restano... nel cuore

Di: Fulvio Savagnone | 15/06/2009
Il 13 giugno di trenta anni fa se ne andava Demetrio Stratos. Quasi dappertutto, in quelle nicchie di mondo civile rimaste in Italia, questa ricorrenza è stata ricordata in modo più o meno approfondito. In Rete, ma non solo, potete trovare tanto materiale su Demetrio e gli Area--leggete ad esempio le belle pagine su Wikipedia (e paradossalmente quelle in inglese sono anche più estese, a testimonianza che il fenomeno Stratos-Area ha ben varcato gli angusti confini di questo paese).
Quindi non verrei aggiungere molto, se non ricordare i suoi esordi beat con i Ribelli (chi ricorda Pugni chiusi?), l'incredibile avventura con gli Area, le ricerche musicali, mistiche e terapeutiche sulla voce (che lo hanno anche portato ad essere una specie di cavia per pubblicazioni scientifiche), le innumerevoli, prestigiose collaborazioni con numi della musica "colta", da John Cage a Merce Cunningham.
Vorrei solo cercare di far rivivere un po', a chi in quegli anni non era ancora nato o era troppo piccolo, il poderoso impatto che gli Area ebbero sulla musica italiana. Intanto bisogna dire che gli Area hanno cominciato a suonare alla fine del 1972 e Demetrio li ha lasciati nel 1978, un anno prima di morire: solo cinque anni scarsi, dunque, ma cinque anni divisi nettamente in due mondi totalmente differenti dal grande spartiacque del movimento del '76-'77.
Gli Area erano sempre loro, mai un compromesso per questa incredibile sintesi di jazz (molto free), rock, elettronica e musica mediterranea (grazie alle origini greche di Demetrio, agli interessi di Paolo Tofani, agli studi al Cairo di Giulio Capiozzo--ahimé, scomparso pure lui nel 2000--per fortuna allora il termine World Music ancora non era stato coniato): quello che cambiò fu, piano piano, il pubblico.
Ai loro inizi gli Area fecero una gavetta tostissima: suonarono da spalla a praticamente tutti i gruppi, esteri e "famosi", che venivano in Italia (o almeno, per quel che mi riguarda, a Roma, al famoso Palasport). Ed erano regolarmente accolti da bordate di sonorissimi fischi, un po' per l'impazienza di sentire l'attrazione principale, un po' per l'oggettiva difficoltà dalla loro proposta (per quei tempi, ma anche oggi chissà cosa succederebbe): i vocalizzi di Demetrio, le esplosioni soniche di improvvisazione free, l'elettronica ardua... L'unico che prendeva più fischi era Francesco Sanavio, della pregiata ditta di impresari Mamone & Sanavio, il quale con estrema improntitudine presentava regolarmente i concerti che organizzava: come non fischiare chi fissava i prezzi dei biglietti? (Ma d'altronde, col senno di poi, quanti grandi artisti i due riuscirono a portare in Italia...). A me gli Area piacevano, ma si sa, sono sempre stato un snob che andava controcorrente per default...
Ma gli Area non erano certo tipi da demoralizzarsi, ad ogni nuova uscita ci davano dentro con accresciuta foga, Demetrio era un frontman sempre più carismatico. Piano piano il pubblico veniva educato, capiva e comprendeva, e i fischi diminuivano, diventavano quasi un gioco delle parti, un divertimento convenuto: ecco gli Area, dài, fischiamo! Ma tra i fischi sempre più radi arrivavano i primi applausi.
Anche la situazione concerti era cambiata sostanzialmente: grazie ai Festival de l'Unità e ad un circuito alternativo piuttosto in salute cominciavano a circolare stabilmente per l'Italia gruppi come Henry Cow (che si erano praticamente italianizzati) , Embryo, Soft Machine... Io ricordo benissimo il concerto a Piazza Navona con Henry Cow, Robert Wyatt e Gong... e un altro nel quartiere sottoproletario della Magliana con Henry Cow e un gruppo "cosmico" francese che credo fossero gli Univers Zero. Qui vorrei ricordare il bell'articolo dell'Ombra di qualche giorno fa che raccontava i festival a Villa Pamphili. Proprio così, quegli anni vedevano un incredibile fermento e un viavai di artisti di livello che oggi ci sognamo (chi suona oggi ai festival de l'Unità? Tiziano Ferro?). A Milano poi era anche meglio. Gianni Sassi, agitatore culturale, esponente di Fluxus e praticamente il sesto membro degli Area, con la sua etichetta Cramps pubblicava musica incredibile: Area, ovviamente, ma anche il Battiato sperimentale degli inizi, John Cage, Juan Hidalgo...
E infine arrivò il Movimento culminato nel '77. Gli Area, che erano rimasti sempre coerentemente fedeli a loro stessi e alla loro missione artistica, aperta a mille contaminazioni, si ritrovarono ad essere perfettamente inseriti nella richiesta culturale del momento. La loro posizione politica sempre cantata a chiare lettere era come un pesce veloce nelle acque vorticose e anarchiche del Movimento, ancora molto free (ricordate gli Indiani Metropolitani?) e poco "autonomizzato"... Gli Area erano quelli che venivano sempre a suonare, che si montavono e smontavano gli strumenti da soli, che non se la menavano: erano dentro il Movimento, erano il Movimento.
Incredibilmente, da oscuro gruppo spalla fischiato per default si erano ritrovati, strameritatatamente, ad essere un simbolo.
Poi Demetrio muore, il Movimento si incarta, arrivano gli anni di piombo... Tutto scorre, come diceva Eraclito. A noi rimangono i ricordi, e la musica. Grazie, Demetrio.

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