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Dalla padella nella brace?

Di: Ubik | 19/04/2008

Difficile capire dove si andrà a parare, ma una cosa appare abbastanza chiara: che nella vecchia triade del centrodestra i rapporti sono cambiati. E' ormai Bossi a dettare il passo, il ritmo di una danza che si annuncia piuttosto movimentata. Quattro ministri vorrebbe il Carroccio, compreso quello dell'Interno. Un terzo del previsto esecutivo a 12, anche se è probabile che ci siano soluzioni salomoniche, come l'allargamento del novero dei portafogli.

Cosa è successo? Che, come scrive Marco Travaglio nel suo blog , la vera vittoria epocale è stata la man bassa della Lega nelle fabbriche del Nord. La FIOM stessa si è preoccupata del fenomeno, che pare anticipare le previsioni più fosche: il movimentismo appaltato a mal di pancia antistato e filorazzisti, la stessa ala più oltranzista del sindacato che si sposta da sinistra a destra senza apparente soluzione di continuità.

Ma se Berlusconi dovrà fare i conti con il movimentismo destrorso e umbratile di Bossi e Fini sembra sparire tra le quinte - occhio però al mimetismo tattico di un leader che non va mai sottovalutato - al centro le cose non sembrano così tranquille. Veltroni paga il suo vezzo di non nominare mai il rivale: "il mio principale avversario" è stato un mantra perdente, l'assenza di ogni personalismo si è risolto nell'autoevaporazione, nel ritiro da ogni confronto con tensione superiore allo zero; adesso, puntualmente, c'è chi si presenta a chiedere pegno. Di Pietro, altro vincitore delle elezioni, non vuole farsi annettere, e avverte il PD dall'alto del proprio ottimo risultato.

Insomma, pare proprio non ci siano dubbi sul fatto che "legge e ordine" sia stato lo slogan giusto per unificare gli italiani nelle urne, nonché il leit motiv con cui si dovranno misurare tutte le forze politiche. Difficile per Veltroni data l'ambiguità fin qui mostrata - tanto per dirne una, liberalismo sulle droghe leggere da una parte, le campagne antilavavetri del Comune di Firenze o la caccia ai rumeni a Roma e Bologna dall'altra; c'è chi dice che tra i muscoli della destra e la loro imitazione di centrosinistra, l'elettore abbia preferito l'originale. Di qui forse i malumori di Di Pietro, l'equivalente della Lega a sinistra.

Difficile partita però anche per Berlusconi, che si ritrova per le mani la mina padana. Se sarà capace di gestirla, cinque anni di governo saranno possibili. Se, però,  a causa della crisi economica e sociale il nuovo movimentismo leghista crescerà ancora, gli scenari potrebbero cambiare di nuovo e il Cavaliere potrà vedersi costretto a ricorrere alla stampella sulla quale adesso meno si appoggia, quella di Gianfranco Fini. Una stretta che potrebbe rivelarsi assai rischiosa per una destra apparentemente trionfante e soprattutto per un Paese ormai troppo provato.


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