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New Model Army - Between Dog and Wolf

Di: Fabrizio Pasanisi | 23/12/2013
Ogni nuova uscita ufficiale dei New Model Army, da anni, e cioè da quando li vidi dal vivo per la prima volta in un locale della capitale, mi provoca una certa emozione mista ad ansia che, dopo ripetuti ascolti, si trasforma sovente in totale e liberatorio appagamento. Così è stato anche questa volta con Between Dog and Wolf, il cui titolo riprende un’espressione francese che tra le altre cose rimanda alla metamorfosi, lo spazio e l’ora di quando il giorno si getta nella notte, non è più giorno ma non è ancora notte. Questo è uno di quei dischi capaci di sorprenderti ad ogni ascolto quando ancora inizialmente si fatica ad entrarvi.
Trent’anni sono passati ormai dal loro seminale album di debutto, Vengeance, fresco di ristampa in un cofanetto imperdibile per i cultori della Family, corredato da singoli e EP dell’epoca oltre a diversi brani dal vivo e demo. Un periodo in cui la maggior parte delle band esaurisce idee e alterna live ad antologie per rispettare stancamente un contratto. La band di Justin Sullivan, la più di culto tra le band di culto, trova invece ancora il tempo di sperimentare e la voglia di mettersi in discussione con un album che per certi versi sembra disconoscere l’attitudine punk degli esordi o anche solo le sfuriate più dure degli ultimi lavori in studio.
Lo stile evocativo che si respira nelle quattordici tracce che compongono Between Dog and Wolf e l’intensità della sezione ritmica, a tratti di stampo tribale ancor più marcato che in passato (Did You Make It Safe?, I Need More Time o la conclusiva Ghost) caratterizzano un disco che si rivela essere tra i più oscuri ed emozionanti partoriti dalla formazione di Bradford.
Sin dall’iniziale Horsemen, un mantra ipnotico ed incessante, vengono messe le cose in chiaro: questo non è propriamente un album rock, almeno non nell’accezione comune del termine, e se si eccettuano i due singoli finora estratti, March in September e Seven Times, si fatica a crederlo davvero NMA, non fosse per l’inconfondibile voce di Sullivan. Grandioso il lavoro di basso e percussioni su I Need More Time, epica nel toccante grido di dolore finale, mentre i sette minuti di Qasr El Nil Bridge, il brano più lungo del lotto e nondimeno il più sperimentale, si incuneano in territori esotici mai esplorati prima.
Tra una ballad acustica dal fascino etereo (Knievel) e brani più incisivi come la titletrack arriviamo ad una Tomorrow Came che rappresenta il vertice artistico di un album che non ha mancato di sollevare discussioni tra la frangia più accesa dei fans e che, malgrado gli eventi infausti dell’ultimo periodo - vedi tra l’altro il recente incendio nello studio di registrazione con conseguente perdita di gran parte della strumentazione - ci consegna una band ancora ispirata e capace di stupire chi la credeva destinata ad uno stanco tramonto.
Tra i migliori New Model Army di sempre.

- Fabrizio Pasanisi

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