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Sacro GRA

Di: Marcello Berlich | 01/10/2013
Regia: Gianfranco Rosi Con: Quelli che abitano lungo il Grande Raccordo Anulare C'erano una volta i fiumaroli e i monticiani: una distinzione geografico-sociologico-culturale che, a Roma, ha funzionato per secoli; poi tutto questo si è perso, a causa dell'urbanizzazione spinta, le periferie, le borgate... e poi, è arrivato il GRA, il Grande Raccordo Anulare, che (come cantava il Venditti nella versione Guzzanti), "circonda la capitale"...

La metafora fluviale nel caso del GRA, non è nuova, anzi se vogliamo è anche abbastanza abusata, basterebbe solo citare il proverbiale 'fiume di auto' che quotidianamente ne affollano le corsie... tuttavia, a gettare uno sguardo sulla 'civiltà fiumarola' che popola i margini del serpentone di cemento, non ci aveva ancora pensato nessuno... chi vive ai confini di quelle corsie, che rappresentano un pò anche il limite estremo della città, anche se ormai l'urbanizzazione al di là del raccordo lo va progressivamente rendendo un'immensa arteria urbana?

A porsi la domanda poteva forse essere solo un 'non romano': nell'occasione, l'urbanista Nicola Bassetti, che nel 2001 percorre in lungo e in largo le 'terre' che circondano il GRA; in seguito, l'incontro col documentarista Gianfranco Rosi porta alla nascita del film che ha vinto il Leone d'Oro all'ultima Mostra di Venezia.

E allora: chi abita attorno al GRA? Una 'fauna umana variegata' e multicolore: botanici in eterna lotta contro il punteruolo rosso che devasta le palme e nobili decaduti, mignotte e pescatori di anguille (laddove il fiume di cemento scavalca il più tradizionale corso d'acqua), la varia umanità che abita i casermoni che si affacciano sul nastro di asfalto, gli immigrati che si ritrovano a ballare negli spiazzi di cemento delle borgate e, veri abitatori del Raccordo, gli automobilisti o, come in questo caso, gli operatori del 118 che ne percorrono in lungo e in largo le corsie.

Gianfranco Rosi ha messo in scena tutto questo, con una visione diretta, senza filtri o concessioni alla cronaca (se non per la citazione esplicita della nevicata dello scorso anno, che proprio sul GRA ha avuto alcune delle sue più drammatiche conseguenze), mostrando momenti, citando il titolo di un romanzo di Andrea de Carlo, di 'Pura vita'. Si scoppia a ridere, si riflette, ci si commuove (l'opera degli addetti del cimitero di Prima Porta e il momento di intimo affetto dell'operatore dell'ambulanza a casa dell'anziana madre sono momenti di autentico lirismo), si rimane affascinati dalla genialità del botanico alla ricerca di metodi sempre più 'raffinati' per vincere la lotta contro gli insetti infestanti.

Un racconto che procede per 'stacchi', frammenti di vita quotidiana che si susseguono con un ritmo placido come il traffico del Raccordo, personaggi che ritornano, altri che invece appaiono una volta sola e poi via... In un periodo in cui impera l'ossessione per la 'narrazione', per il 'racconto', dove ormai si è arrivati al paradosso secondo cui perfino ai talk show - che dovrebbe innanzitutto 'informare' - si chiede invece di offrire un 'racconto', Sacro GRA è il fulgido esempio di come oggi la 'narrazione' sia l'ennesimo 'falso mito' inventato da giornalisti furbetti o politici con la zeppola... Sacro GRA è il 'grado zero' della narrazione: un documentario privo della pur minima traccia di 'intervento esterno', privo anche della classica 'voce fuori campo': nient'altro che immagini di vita e viene da sperare che qualcuno, anche in televisione, segua l'esempio.

Un cinema 'diverso', affascinante e coinvolgente, un film destinato a rimanere a lungo nella memoria dello spettatore.

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