Piero Boitani – Il Vangelo secondo Shakespeare
(Il Mulino, 2009). Di questo libro salta subito all’occhio la copertina. Certo, di tutti i libri la prima cosa che si nota è la copertina, ma in questo caso il dipinto riportato in copertina e le bellissime e ricche illustrazioni a colori (ben 41) contenute nell’inserto centrale accompagnano come per mano tutta la lettura e la comprensione, l’acquisizione del testo. Boitani prende in esame sei drammi della maturità di Shakespeare (Amleto, Lear, Pericle, Cimbelino, il Racconto d’Inverno, la Tempesta), sei opere nelle quali il drammaturgo ha sperimentato a fondo la libertà di invenzione e analisi che il mezzo teatrale gli permetteva, e ritrova in ognuno una lettura dei vangeli, una interpretazione in chiave umana, o spesso pagana, dei misteri e dei precetti che i Vangeli vogliono trasmettere. Lo fa prendendo le mosse sia da citazioni evangeliche nel testo dei drammi, sia da paralleli in qualche parte della trama, dalle azioni e dal carattere di un dato personaggio, da quadri scenici che si prestano ad interpretare situazioni evangeliche. E la fa raccontandoci una ad una le trame dei drammi, districandone gli intrecci spesso complicatissimi e apparentemente poco coerenti, e stendendole davanti a noi con la maestria di un venditore di sete preziose. Un autentico capolavoro è il riassunto in una sola pagina della trama del Re Lear, trama che viene poi sviscerata e analizzata accuratamente da prospettive totalmente inconsuete. Ma il riassunto iniziale è talmente chiaro, per un dramma complicatissimo, che merita di essere riportato in pieno:
“Lear è la tragedia di un vecchio Re che si spoglia del proprio regno di sua volontà per “strisciare senza pesi verso la morte”. Ingannato dal suo stesso narcisismo, dalle parole mendaci delle due figlie cattive, Gonerill e Regan, e dal silenzio della figlia buona, Cordelia, Lear divide il regno fra le prime due, bandendo la terza (e il fedele Kent, che tenta di fermarlo). Deve però, nel corso della vicenda, ricredersi: Gonerill e Reagan lo privano del suo seguito e infine lo costringono a vagare come un mendico sempre più pazzo, accompagnato solamente dal suo Matto e da Kent travestito, sulla brughiera tormentata dalla tempesta, mentre sarà proprio Cordelia, andata sposa al re di Francia, a tentare di salvare il padre. Alla trama principale se ne intreccia poi, specularmente, una secondaria. Il vecchio Duca di Gloucester si lascia ingannare dal figlio bastardo, Edmund, che lo convince di un complotto contro di lui imbastito dal legittimo Edgar, il quale è così costretto a errare per la terra desolata nelle vesti (nella nudità) del mendicante Tom. Gloucester cerca di aiutare Lear, ma viene, per punizione, accecato dalle figlie di lui. I due vecchi si ritroveranno presso Dover quando Cordelia sbarca con le truppe francesi, mentre il bastardo Edmund intrattiene rapporti d’amore e lussuria sia con Gonerill che con Regan. Cordelia, che nel frattempo ha ritrovato il padre, viene però sconfitta dall’esercito condotto da Edmund. Lear e la figlia vengono fatti prigionieri, e Cordelia uccisa. Edgar sfida Edmund a singolar tenzone dopo la morte di Gloucester, e lo uccide. Lear muore.”
Lear nella visione di Boitani è Giobbe, e non è Giobbe, è l’uomo che dubita della giustizia divina e si pente di aver dubitato, si pente dell’orgoglio che lo ha portato a voler agire secondo la sua ragione, condannandolo a perdere appunto il lume di quella stessa ragione, ma che diversamente da Giobbe non viene ricompensato per il suo pentimento; sia per lui che per il suo specchio, Glouchester, la ricompensa per aver ammesso la propria presunzione è soltanto la consapevolezza del senno ritrovato prima della morte.
E’ un assaggio del modo limpido ma sorprendente in cui l’autore affronta la rilettura di questi drammi, tragedie e commedie che, al di là dell’efficacia scenica e poetica, fanno parlare da secoli per l’infinità di strati, di chiavi di lettura, di abissi psicologici, sociali e teologici che un drammaturgo di quattrocento anni fa ha avuto il coraggio di sondare e mettere in dubbio, con tali e tante sfaccettature che con tutto il senno di poi che la nostra cultura pensa di avere acquisito, non abbiamo ancora finito di discuterne.