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Goldfoil

Di: Gianluca Diana | 12/03/2013
Mettiti in movimento e vai. Nella poetica del viaggiare esiste un atavico conflitto relativo a cosa attribuire più importanza: se ai punti di partenza e d’arrivo, o se all’atto stesso del viaggio. Al centro di questa dicotomia sta tutta la tensione, il fervore agonistico che muove le idee, le sensazioni e le percezioni a queste collegate, nonchè l’esigenza del “fare”. Se quindi da una parte mettiamo il volume, la velocità, l’elettricità e la potenza che queste tre cose creano e includono, dall’altra possiamo sistemare in modo speculare l’acusticità, la lentezza e la quiete. Che non significa stasi. La nemesi di questo incompleto e sbilenco ragionamento la possiamo trovare senza timore di errore e/o sopravvalutazione nel percorso musicale di Adriano Viterbini. Da una parte i BSBE col sodale di sempre C. Petulicchio e dall’altra questo disco strumentale [“Goldfoil”; Bomba Dischi]. Si rallentano le battute, si suona la chitarra e basta, cercando l’espressività possibile. Attenzione. Potrebbe essere un escamotage per vendere dischi, magari andando a scopiazzare qualche illustre e misconosciuto chitarrista in giro per il mondo. No. Viterbini da una prova convincente e matura con queste 12 canzoni. Potremmo parlare di una sola ed illustre collaborazione, ma quasi non serve. Od ancora disquisire di un accordo che marcatamente evoca stralci di incisioni di nomi illustri. Non avrebbe senso. E’ semplicemente un disco di blues. Che fa venire un flagello di emozioni e che comunque alla fine infonde calma e quiete. Chissà dove l’ha trovata Viterbini. Potremmo fantasticare che sia stato un bluesman mississippiano a suggerirgli di rallentare le battute. Letterario. Oppure...oppure lasciare a voi che siete all’ascolto a formulare un’altra ipotesi. Mentre intanto, sul vostro lettore suona “Kensington Blues”.

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