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Bloom

Di: Chiara Colli | 26/05/2012
Un compito arduo, quello di "Bloom": conquistare i cuori che si erano perdutamente innamorati di "Teen Dream" o, più banalmente, arrivare dopo un album unanimemente considerato tra i migliori del 2010 senza subirne, almeno totalmente, il confronto. Il disco della maturazione, dell’arrivo in casa Sub Pop, del successo e del definitivo distacco dal lo fi, "Teen Dream", naturalmente predisposto a legare a sé l’ascoltatore attraverso fili di vibrante emotività. Senza incertezza alcuna, "Bloom" è da considerare all’altezza del suo predecessore. Al contrario di quelle band che, dopo aver ricevuto consensi (confermati ed incrementati dai live nel caso dei Beach House), cadono in passi falsi, talvolta cristallizzando artificiosamente la propria musica o commercializzandosi, l’impressione con "Bloom" è che quella del dream pop, mai esile e piuttosto dai toni celestiali, sia la naturale vocazione del duo di Baltimora. Un suono che nasce spontaneamente predestinato al bello - e proprio nel concetto della bellezza fugace della primavera risiede il titolo dell’album -, che segue la scia piacevolmente nebulizzata di "Teen Dream", accentuandone in "Bloom", e sembrerebbe impossibile, l’aspetto sognante, soffice ed etereo.
Se la voce di Victoria Legrand resta una garanzia di carisma e fascinosità nell’equilibrio del duo, ed Alex Scally mantiene il compito di costruire e ricamare melodie chitarristiche che accendano l’immaginazione dell’altra metà, è un uso dei synth leggermente più accentuato a saturare l’atmosfera, sfiorando delicatamente una dimensione quasi new wave. È il caso di "Wild", con il suo intro fresco di glo-fi, o di "New Year", dove la drum machine emerge più sensibilmente dalle morbide trame del tessuto Beach House. "Bloom" è la colonna sonora perfetta per accompagnare chi si ama in un fantastico mondo dei sogni ("Lazuli", "Irene"), o per lasciare un segno indelebile e pieno di grazia nel cuore di chi si è conosciuto in una vita precedente ("Troublemaker"). Un disco per le notti d’estate. O per addolcire i risvegli di un gelido inverno.

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