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DITEMI SE LO SAPEVATE!!
Non una parola su giornali e Tv!
Segreto di
Stato: a Genova ci fu un disegno repressivo, prima condanna per la
Polizia al G8 del 2001
La censura da parte dei media è stata rigida ed
assoluta: della sentenza di Genova non si doveva parlare. Infatti
incredibilmente non ne ha scritto neanche il Manifesto e dovrebbe
spiegare perché.
Alzi la mano chi ha saputo che la settimana scorsa a
Genova c'è stata la prima condanna per i pestaggi della Polizia durante
il G8 del 2001. Eppure la sentenza di Genova è un passaggio capitale
per la ricostruzione della verità e la giustizia di quello che successe
nel capoluogo ligure oramai 6 anni fa. E ci spiega anche molto del
disegno politico sotteso alla repressione.
Lo Stato è stato
condannato a risarcire Marina Spaccini, 50 anni, pediatra triestina,
volontaria per quattro anni in Africa, per il pestaggio che subì da
parte della Polizia in via Assarotti, nel pomeriggio del 20 luglio
2001. Marina, come decine di migliaia di militanti cattolici della Rete
Lilliput, era seduta, con le mani alzate dipinte di bianco, gridando
"non violenza", quando fu massacrata dalla Polizia. Questa si è difesa
sostenendo (sic!) che non era possibile distinguere tra le mani dipinte
di bianco di Marina e i Black Block. Per il giudice Angela Latella
invece la selvaggia repressione genovese ?e la cortina di menzogne
sollevata per coprirle- è stata una delle pagine più nere di tutta la
storia della Polizia di Stato e per la prima volta ciò viene scritto in
una sentenza. Non solo, è ben più grave quello che è scritto nella
sentenza genovese. Quelle dei poliziotti non furono né iniziative
isolate né eccessi, ma facevano parte di un disegno criminale.
Si
inizia a confermare in via processuale quello che chi scrive sostiene e
scrive da sei anni. A Genova vi fu un disegno criminale selettivo da
parte di apparati dello stato. Tale disegno era teso a terrorizzare non
tanto la sinistra radicale ma il pacifismo cattolico, in particolare la
Rete Lilliput, che per la prima volta in maniera così convinta e
numerosa scendeva in piazza saldandosi in un unico enorme fronte
antineoliberale con la sinistra.
Le ragazze e i ragazzi delle
parrocchie furono quelli che pagarono il prezzo più alto, soprattutto
sabato. I loro spezzoni di corteo furono sistematicamente bersagliati
dai lacrimogeni e centinaia di loro furono pestati selvaggiamente. Ma,
soprattutto decine di migliaia di loro, e le loro famiglie, furono
spaventati a morte in una logica pienamente terroristica. Quanti dopo
Genova sono rimasti a casa?
Di fronte all'immagine sorda data dai
grandi della terra, Bush, Blair, Berlusconi, quel movimento pacifico,
colorato, credibile, fatto di persone serie e non dei pescecani
rinchiusi nella città proibita, che si era riunito intorno alle
proposte concrete per un nuovo mondo possibile del Genoa Social Forum,
doveva essere schiacciato. Non lo sapevamo, ma mancavano 50 giorni all'
11 settembre.
Riporto nel sito l'articolo dell'eccellente Massimo
Calandri, apparso SOLO sulle pagine genovesi di Repubblica lo scorso 29
aprile. E' normale secondo voi? Esiste ancora il diritto ad essere
informati in questo paese?
G8, condannato il Ministero - Missionaria picchiata, risarciti invalidità e danni morali "Ho solo ottenuto quello che attendevo da 6 anni: giustizia"
Prima condanna per le violenze delle forze dell'ordine contro i manifestanti: "Non furono iniziative isolate"
MASSIMO CALANDRI da Repubblica del 29 aprile u.s., articolo uscito SOLO nell'edizione di Genova.
LA PRIMA condanna nei confronti del Ministero dell?Interno per le illecite e gratuite violenze dei suoi poliziotti è arrivata nei giorni scorsi, e cioè circa sei anni dopo la vergogna del G8 genovese. Ma le parole con cui il giudice istruttore Angela Latella ha motivato la sua decisione rinfrescano la memoria.
Ricordando a tutti che quelle cariche sanguinarie,quelle teste rotte a manganellate, quei lacrimogeni sparati contro le persone inermi, non erano frutto dell?iniziativa isolata o dell'autonomo eccesso di qualche agente. Facevano invece parte di un più ampio disegno -così come le menzogne raccontate più tardi per coprire le nefandezze - , che rappresenta una delle pagine più buie nella storia della Polizia di Stato.
Il tribunale del capoluogo ligure ha dato ragione a Marina Spaccini, pediatra cinquantenne di origine triestina, pacifista che per quattro anni ha lavorato in due ospedali missionari del Kenia. Alle due del pomeriggio del 20 luglio, era il 2001, venne pestata a sangue in via Assarotti. Partecipava alla manifestazione della Rete Lilliput, era tra quelli che alzava in alto le mani dipinte di bianco urlando: "Non violenza!".
Gli agenti e i loro capi avrebbero poi raccontato che stavano dando la caccia ad un gruppo di Black Bloc, che c'era una gran confusione e qualcuno tirava contro di loro le molotov, che non era possibile distinguere tra "buoni" e "cattivi": bugie smascherate nel corso del processo, come sottolineato dal giudice. I cattivi c'erano per davvero, ed erano i poliziotti che a bastonate aprirono una vasta ferita sulla fronte della pediatra triestina. Dal momento che quegli agenti, come in buona parte degli episodi legati al vertice, non sono stati identificati, Angela Latella ha deciso di condannare il Ministero dell'Interno. La cifra che verrà pagata a Marina Spaccini non è certo clamorosa - cinquemila euro tra invalidità , danni morali ed esistenziali - , ma il punto è evidentemente un altro.
«Se risulta chiaramente che la Spaccini sia stata oggetto di un atto di violenza da parte di un appartenente alle forze di polizia - scrive il giudice - , non si può neppure porre in dubbio che non si sia trattato né di un'iniziativa isolata, di un qualche autonomo eccesso da parte di qualche agente, né di un fatale inconveniente durante una legittima operazione di polizia volta e riportare l'ordine pubblico gravemente messo in pericolo».
Perché l'intervento della polizia non fu «legittimo», è ormai abbastanza chiaro. Lo hanno confermato i testimoni e in un certo senso gli stessi poliziotti e funzionari, con le loro contraddizioni: «Gli aggressori erano diverse decine; l'ordine era di caricarli, disperderli ed arrestarli», hanno detto, interrogati. Ma poi risulta che furono arrestati solo due ragazzi (non feriti), la cui posizione fu in seguito peraltro archiviata. La pacifista era assistita dagli avvocati Alessandra Ballerini e Marco Vano. Il giudice ha sottolineato come fotografie e filmati portati in aula «siano stati illuminanti»: «Si vedono ammanettare persone vestite normalmente; più poliziotti colpire con i manganelli una persona a terra, inerme. La stessa Spaccini è una persona di cinquant'anni, di cui giustamente si sottolinea l'aspetto mite». E poi, le testimonianze come quella di una signora settantenne che parla di una «manifestazione assolutamente pacifica e allegra» e di aver quindi visto agenti «bastonare ferocemente persone con le mani alzate ed inermi come lei». Marina Spaccini ha accolto il giudizio con un sorriso: «Era semplicemente quello che attendevo da sei anni. Giustizia».