Il concerto a Villa Ada, Roma, 4 luglio 2009
Certo non dovrei essere io a fare la recensione di un concerto dei Lou Dalfin: li ho troppo nel cuore e non riesco ad essere obiettivo... Ma tutto sommato, chissenefrega! Non sto a ripetervi la loro storia, Sergio Berardo lo ha fatto magnificamente nell'intervista che ancora trovate qui nella spalla destra della nostra homepage. Per chi non è mai stato al festival "Roma Incontra il Mondo" racconto invece la magnifica cornice: immaginate palco, tavolini e sedie, tanti capanni che contengono ristorantini etnici e pizzeria, libri, dischi, abbigliamento etnico e ammenicoli vari, commercio equo e solidale, tutto dentro un fresco boschetto di betulle e pini circondato dal laghetto di Villa Ada, uno dei parchi più belli di Roma. Si sta una favola, la luna è piena e i lampi e tuoni che hanno funestato Roma i giorni precedenti si allontanano sempre più...
Sul palco i Lou Dalfin: Sergio Berardo canta, presenta, racconta e ci dà dentro di ghironda, ma suona pure organetti, cornamuse, flauti e flautini. Accanto a lui, la presenza silenziosa ma scatenata di Dino Tron, cornamuse, fisarmoniche, organetti diatonici e tutto quello che va a mantice... Dietro, Riccardo Serra è l'inesorabile batterista. Con Sergio, frontman e agitatore culturale, Dino e Riccardo sono lo zoccolo duro dei Lou Dalfin: sono insieme da 27 anni! Poi ci sono Diego Vasserot alla tromba; Mario Poletti al mandolino, banjo e bouzouki; Daniele Giordano al basso e Enrico Gosmar alla chitarra.
Sergio racconta da par suo l'Occitania e si parte subito sparati con
Plòu a Marselha, un rigodon che racconta la storia picaresca di un musico girovago che si ripara dalla pioggia marsigliese nell'osteria sbagliata e la scampa solo per la sua bravura alla ghironda... Rigodon, chiedete voi? Sì rigodon: è una danza trascinante che vi prende e non vi fa più fermare... Tutti i pezzi dei Lou Dalfin sono danze tradizionali (gighe, courantes, scottish, farandole...), quasi sempre rivisitate in chiave più o meno rock, più o meno dub, reggae, patchanka e chi più ne ha più ne metta. Ma sempre danze sono, e star fermi è impossibile: il pubblico si alza subito al secondo pezzo,
Sem encar ici (per i pigri romani è qualcosa di inaudito), e non smetterà più di ballare. Sem encar ici (Siamo ancora qui) è l'orgoglio di un popolo che ha resistito a tutti i tentativi di genocidio fisico (a partire dalle crociate contro albigesi e catari) e culturale (come ad esempio in Francia, dove la Langue d'Oïl--da cui deriva il francese moderno--non è riuscita a spazzare via la Langue d'Oc).
Sergio non è da meno del pubblico: racconta, affabula, salta, fa le capriole, corre di qui e di là, gira la manovella della ghironda come un ossesso che dà il tempo a tutti... Ma è tutto il gruppo che è unito, tira come un treno, gli assoli si alternano tra tutti e ciascuno è padrone del proprio strumento. Si sostengono gli uni con gli altri, si divertono, e noi con loro.
Dalla
Seguida de Corentas della Val Chisone, la valle di Dino Tron, si passa alla
Seguida dels Camisards, che racconta la rivolta popolare guidata da Joan Cavalier contro Luigi XIV, che voleva convertire con la forza al cattolicesimo i protestanti delle Cevennes e dell'Ardèche.
I girotondi cominciano frenetici... certo, non siamo bravi come nelle Valli Occitane, dove tutti conoscono le figure e ballano così bene, ma ci agitiamo con impegno, tanto che Sergio ringrazia e dice che insieme a loro abbiamo creato un angolo di Occitania... Neanche il vostro beniamino, cioé il sottoscritto, sta fermo un attimo, e segnarsi i titoli dei pezzi man mano che Sergio li annuncia (i Lou Dalfin non hanno una scaletta fissa, i pezzi vengono suonati secondo l'estro del momento) è un'impresa, visto che il foglietto è sempre più stropicciato e bagnato di sudore... Quindi alla rinfusa, ecco
Joan Peirol,
Occitania e basta,
Pèls d'òr,
Farandola dels Bandits,
Se Chanta: l'inno occitano. Che bello un inno che non parla di guerre, di morte, di supremazie, ma di amore e musica: sventola una bandiera occitana, qualcuno del pubblico conosce le parole e si unisce ai Lou Dalfin...
Sulla
Scottish del Gatto Sergio presenta il gruppo. Poi da dietro le quinte arriva il segnale che bisogna smettere, è mezzanotte. I Lou Dalfin suonano da un'ora e mezza e andrebbero avanti (e noi con loro) per tutta la notte... ma bisogna finirla qua se no la PS...
Sergio dice, OK, abbiamo finito--e i Lou Dalfin vanno avanti un 'altra mezz'ora! A mezzanotte e mezza finiscono davvero. Era tanto che non ballavo due ore filate e mi fanno male i polpacci. La gente sorride stanca e contenta, per due ore siamo stati in un altro mondo, fiero e orgoglioso, dolce e ironico, dove musica, amore e rispetto per gli altri e per la natura sono semplicemente cose normali.
Rimane solo il tempo di andare nel retropalco, ringarziare i Lou Dalfin, i tecnici e gli organizzatori, fare qualche foto tutti insieme e darsi appuntamento per l'otto novembre a Borgo S. Dalmazzo, grande festa, tanta musica e generi di conforto...