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Words in Freedom

Di: Ubik | 19/12/2008
Dici Paolo Bertozzi e ti immagini subito un palco romano di fine anni ’80, sound elettrico e atmosfere punk-gothic. Dici, insomma, Paolo Bertozzi e ti aspetti di rivedere i Fasten Belt, come avevamo anticipato qualche mese fa. In realtà, se la reunion dei Fasten Belt per ora sembra farsi ancora aspettare, Paolo ha deciso di rompere gli indugi e adesso esce con un lavoro del tutto atipico per quelli che si considerano essere i suoi canoni. Words in Freedom ci si presenta intanto come opera portata avanti a due mani: la chitarra di Paolo e il violino di Laura Senatore. Poi c’è il suono: niente più goticismi, niente più punk e scale sopra le righe del pentagramma, ma un approccio minimale, lirico, quasi da songwriting. E ti accorgi subito che è grande musica, un quasi impalpabile impianto psichedelico che sottolinea il tema del viaggio e del paesaggio – notevole e significativa in copertina l’immagine del nativo americano – e una serie di punti di riferimento che ti viene spontaneo citare: Ry Cooder, Mark Lanegan, Tom Waits. Semplice ma mai banale, compendioso nel suo stile chitarristico, Paolo Bertozzi ci porta lungo una strada che è costellata di piccole gemme: a me sono piaciute in particolar modo le tracce Jack The Knife e Cigarette burns my fingers, ma tutto l’album è da godere e sa scoprire. Grande musica, ciò che più conta, italiana, ciò che conta più di tutto, bentornato Paolo! :-)

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