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Different shade of beauty

Di: Ubik | 08/08/2008

Varrebbe la pena acquistarlo solo per la spendida e meravigliosa cover di Under the milky way, e la scelta dà l'idea di un manifesto programmatico. Discone di sicuro, anche se probabilmente non particolarmente innovativo, anzi: la testa è voltata ben indietro, verso gli anni '90 e la wave di quel tempo, con una strizzata d'occhio al sound 4AD. Niente che non ci piaccia, beninteso, ma in giorni come questi, in cui si fa tanto parlare di post-rock, colpisce un'operazione eterea - in senso buono - come questa e come sia possibile dare alle stampe un album che pare pescato pari pari dagli anni buoni della nostra gioventù.

Detto ciò va aggiunto che Tearwave è in realtà un progetto abbastanza giovane(questo è il secondo lavoro), che la band viene da Buffalo(come altre realtà interessanti di questo periodo) e che è caratterizzata da una voce femminile assai evocativa, quella di Jennifer Manganiello; l'armonia e la struttura vengono invece create dal chitarrone creativo di Doug White, la sezione ritmica si vale dei più che solidi Joe Villella al basso e John Stephanski alla batteria. Ad andare a leggere in giro, l'etichetta è pronta: shoegaze, dreampop. A parte che a me questi termini d'oggi piacciono poco, ma di shoegaze francamente non ci trovo granché.

In un'operazione simile e insieme molto diversa rispetto a quella più commerciale di Arcade Fire, i Tearwave non fanno altro che metabolizzare e rielaborare con perizia un sound che ci è assai familiare. Di più, ci regalano diciassette tracce da ricordare, certo se si è disposti a mettere da parte il fatto che niente di nuovo emerge sotto il sole, eccetto forse alcuni momenti di dissonanza nel basso di Joe. Attimi, peraltro, che vengono riassorbiti dal protagonismo della chitarra (vogliamo dirlo? Un po' logorroica) di Doug White. Certo, senza alcuni fraseggi tipici di questa seicorde Different shade of beauty non si farebbe celebrare allo stesso modo, e l'alternarsi di canto e chitarra sono il marchio tipico di questa formazione. Tuttavia, con un po' di coraggio in più e meno voglia di nostalgia sarebbe potuto venire fuori un album più intrigante: tanto per dirne una sui chitarroni innovativi, si vada a leggere cosa combina in Cina Li Jianhong: http://www.ondarock.it/recensioni/2008_lijianhong.htm .

Ciò non toglie a Different shade of beauty un giudizio di assoluto rilievo e un'impressione di grande bellezza e maestosità sonora. Un disco che piacerà a tutti coloro che hanno amato la new wave che fu e i grandi gruppi indie degli anni '80-'90. Certamente uno degli ascolti più piacevoli di questo 2008 dove finora non si è gridato al miracolo.

 


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