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Made in the Dark

Di: Ubik | 23/01/2008

Sono parecchie le riviste a tributare elogi e applausi scroscianti per questo album, e questo certamente crea un po' di curiosità. Se poi associ il genere, una sorta di dance-techno-pop mooolto elettronico alle facce da gente comune dei protagonisti, cinque nerds londinesi, l'intrigo s'infittisce e spinge all'ascolto. Ebbene, lo confesso, io non riesco ad appassionarmi. Sì, il disco è frizzante e divertente a tratti, con la sua marea di riferimenti e citazioni e il suo voler essere opera di cross-over che utilizza l'electro-dance come linguaggio universale. Ma ben più intrigante e interessante allora l'atmosfera allucinata di M.I.A. con il suo Kala e perfino la dance surreale di Robyn, se proprio vogliamo rimanere nel genere. Insomma, a sentire Made in the Dark viene in mente una gigantesca bolla d'aria, una specie di bolo di chewing-gum tirato e gonfiato fino all'inverosimile, con dentro ben poco, come a dire il vorrei ma non posso del dancefloor, l'alibi per mollare Joyaux de la Princesse e mettersi a cercare la strafiga da tacchinare sulla pista da ballo. Propositi nobilissimi e umanissimi, ma c'era proprio bisogno di un disco per sapere del lato godereccio dello sfigato?


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